Non voglio fare la tetra, ma se c’è una rubrica dell’Economist che cerco di non perdermi è Obituary, cioè il breve ritratto di un personaggio morto durante la settimana.
È qualcosa di piuttosto diverso dal “coccodrillo” dei nostri Tg e quotidiani, assemblaggi frettolosi e tutti uguali che assomigliano quasi sempre a una voce di Wikipedia condita con un po’ di citazioni.
Gli Obituary dell’Economist sono veri ritratti d’autore (anche se sull’Economist nessuno firma!). Lo sono per il taglio e lo stile, sempre particolari e sorprendenti, proprio come un quadro. Sono piccoli capolavori, su cui si potrebbe fare un intero corso di scrittura.
Qualche volta il personaggio lo conosco, qualche volta no, ma è proprio quando non lo conosco che il pezzo è più interessante. In genere, mi viene voglia di saperne di più. Un meccanismo narrativo perfetto.
Figuriamoci se potevo perdermi quello di questa settimana, Giulio Andreotti. A noi italiani non svela nulla, ovviamente, ma insegna molto su come raccontare un personaggio.
Ci insegna, per esempio, che lo si può delineare a partire da qualcosa di apparentemente lontano, persino di eccentrico. Una collezione di oggetti che teneva in casa, che dice molto di più di una tradizionale biografia o di un cursus honorum. Un particolare sul quale gettare improvvisamente un fascio di luce. Una chiave di lettura del personaggio, e di scrittura dell’intero ritratto.
La parola bell, campana, apre e chiude il testo e ricorre in tutto nove volte, come tanti rintocchi. Che cosa ci sia tra l’uno e l’altro, scopritelo leggendo il ritratto.
Grazie Luisa, come sempre, delle tue indicazioni. Vorrei essere come te, per la capacità di analizzare la scrittura in contesti e scenari ogni volta diversi, tra più realtà e paesi. Parallelismi necessari per capire una sola cosa attraverso punti di vista lontani ma della stessa natura.
Simonetta
temevo, fino ad oggi, di essere pazza e quindi non ho mai condiviso con nessuno questa passione segreta per i necrologi dell’Economist. è anche la prima volta che scrivo un commento su un blog, ma non ho potuto far finta di nulla per questa affinità elettiva scoperta per caso.
Anch’io non mi perdo i necrologi dell”Economist e pensavo di essere un po’ strana e pazza… Probabilmente siamo molti di piu’ a condividere questa abitudine perche’ l’Economist a un certo punto ha deciso di pubblicarli in un libro:
http://www.amazon.com/Economist-Book-Obituaries-Keith-Colquhoun/dp/1576603261, vuol dire che c’e un mercato…
L’ Economist ha acquisito, di recente, una visione tragica della realtà economica e storica dell’ umanità globalizzata. Chissà se ha davvero motivo di essere così lububre?
Propongo una visione della realtà diversa:
http://scienzadellastoria/wordpress.com/
[…] e Turn your flow into stock. Per quanto riguarda i “coccodrilli”, è una cosa che faccio anch’io, senza darlo troppo a vedere. Quelli dell’Economist sono dei piccoli capolavori settimanali […]