L’articolo di Scientific American The Reading Brain in the Digital Age: The Science of Paper versus Screens (grazie a Federico Badaloni per averlo segnalato su Twitter) “misura” 3.877 parole e 23.879 caratteri. La testata, la freschezza, il tema e il segnalatore mi hanno fatto sniffare un contenuto di valore e ho quindi stampato l’articolo, l’ho letto una prima volta, l’ho sottolineato e riletto una seconda prima di scrivere questo post.
Mentre svolgevo tutte queste operazioni, che mi hanno richiesto una mezz’ora buona, riflettevo sul contenuto e sulla mia esperienza di lettrice divisa tra carta e schermi.
L’articolo prende spunto da ricerche recentissime per dirci che, nonostante l’avanzata inesorabile degli schermi, per la lettura profonda e immersiva, per studiare e per ricordare, continuiamo a preferire la carta. Almeno per ora. Ma la cosa interessante è il perché.
Perché la dimensione fisica della lettura incide sull’attività del nostro cervello in modi che stiamo ancora esplorando. Pensiamo infatti sempre alla lettura come a un’attività soprattutto intellettuale, che riguarda il mondo delle astrazioni – pensieri, idee, metafore. Invece il testo è anche qualcosa di estremamente concreto.
Il nostro cervello legge le lettere e le parole esattamente come guarda gli altri oggetti del mondo, lo percorre con lo sguardo proprio come fa con un paesaggio.
La topografia del testo è essenziale, per esempio, per la memoria. Per ricordare qualcosa che abbiamo letto, pensiamo a dove era collocata quella informazione. Era in alto a sinistra nella pagina? O forse al di sotto della didascalia? Ricordare il punto ci aiuta a ricordare l’informazione.
Ora, la topografia dei libri di carta è più molto più semplice di quella dei libri digitali: pagina destra, pagina sinistra, e otto angoli in tutto. È più semplice tenerla tutta sotto controllo, tornare a una pagina precedente per un collegamento, un’idea improvvisa:
Girare le pagine di un libro di carta è come lasciare sul sentiero un’orma dietro l’altra. C’è un ritmo e una traccia visibile del percorso fatto. Questo rende il testo di un libro più facilmente navigabile e forma una mappa mentale concreta e coerente.
Sullo schermo la topografia del testo è più sfumata e sfuggente. Più difficile disegnarsi nella mente la traiettoria fisica del viaggio. Lo schermo ci mostra una sola pagina virtuale alla volta. È lì mentre leggiamo, poi non c’è più.
Invece di farsi strada tra alberi, rocce e muschio, questi ci passano accanto come flash e non abbiamo traccia di cosa c’è stato prima né modo di vedere cosa c’è dopo.
Forse è per questo che leggere su carta permette di ricordare meglio e di fare nostro quanto abbiamo letto, come ci dicono tutte le ricerche. O forse perché leggere sullo schermo retroilluminato comunque stanca di più e sottrae risorse cognitive alla comprensione. Anche scrollare è cognitivamente più impegnativo che girare la pagina, che è invece un puro gesto automatico. O ancora, perché quando siamo di fronte alla carta, istintivamente assumiamo l’atteggiamento mentale “da studio”.
È come se ci dicessimo che leggere a video non è proprio leggere. Si rimane in superficie, si legge con più leggerezza, quasi sempre una sola volta, mentre sulla carta ci si torna su, magari con una matita in una mano e un righello nell’altra per “estrarre” anche fisicamente ciò che vogliamo far nostro per sempre.
E una recentissima ricerca di Microsoft ci dice che il libro di carta è più legato al senso del possesso, tanto che molte persone dopo aver apprezzato un libro digitale poi sentono il bisogno di comprarlo anche su carta.
Allora – conclude l’articolo – è poi tanto sensato accanirsi per rendere l’esperienza della lettura digitale il più possibile vicina a quella su carta visto che la carta per certi compiti è una tecnologia quasi perfetta? Perché piuttosto non concentrarsi sulle differenze, cioè usare gli schermi per ciò che di meglio hanno da offrire? Racconti visuali, infografica, giornalismo interattivo con mappe, timeline, animazioni, audio e video.
Per testi lunghi e tutti “a correre”, da leggere e studiare con attenzione, carta e inchiostro possono avere ancora i loro vantaggi. Ma ormai il testo non è più l’unica cosa che si legge.
Su questo blog leggi anche:
Il cervello che legge, e noi che viviamo
Una sbirciatina nel nostro cervello
Continuare a danzare con i testi
La carta è il posto dove posso intervenire e contribuire con i miei ghirigori di sottolineatura. Se devo STUDIARE, io sottolineo, coloro, scrivo appunti a lato, fino a disegnare un oggetto che mi riporterà al concetto che devo ricordarmi, perché essenziale. L’ho sempre fatto e anche ora continuo a preferire la carta che posso annusare e vivere fino ad attaccarmi affettuosamente all’oggetto libro.
Simonetta
Al momento, su questo argomento, preferisco una cauta sospensione di giudizio. E’ vero, preferiamo ancora la carta, me compresa. Ma credo che fondamentalmente sia dovuto a una radicata abitudine. Non mi sento ancora completamente a mio agio con la lettura sullo schermo, ho bisogno di “impossessarmi” di quelle parole stampandole sulla carta, come di un libro di carta. Per i miei figli, invece, non è così. Preferiscono che tutte quelle parole restino nel loro pc, disponibili o evaporate. Hanno abitudini diverse dalle mie, nonostante io abbia influito (come genitore) sui loro comportamenti e le loro abitudini. E mi viene ora in mente il libro di Charles Duhigg “La forza delle abitudini” Corbaccio editore…
Buona domenica 😉
Anna M.
Anche lo spessore del libro mi guida nella ricerca delle pagine che piu` reputo interessanti ( ad esempio, se non ho lasciato un segnalibro, so all’incirca dove ho sospeso la lettura in base alla quantita` di pagine che ho tra le dita). Forse l’avvento ( prossimo?) di un lettore a schermo flessibile – magari su piu` di una pagina per volta – potrebbe avvicinare ancor di piu l’esperianza di lettura elettronica a quella cartacea. Eguagliarla? Forse, ma il limite fisico dello schermo ( non puoi ancora infilare dita tra le pagine per tenere il segno, se usi un PC/tablet/lettore ! ed e` difficile gestire – anche su un PC doppio schermo – piu` testi da consultare ) costringe ancora la lettura secondo binari preformati. CI risentiamo quando si diffonderanno quei tavoli interattivi touch….
Io su carta riesco ad immergermi……le letture su schermo rimangono sempre superficialmente nella mia mente, in una sorta di eco vaga e nebulosa. Poi spesso rileggo pagine più e più volte e su schermo non mi oriento in maniera abbastanza veloce per mantenere le connessioni concettuali appena intuite ed ancora labili……e poi sottolineare…..i miei libri sono un enorme scarabocchio che mappa il mio percorso di lettura, e mi aiuta a ritrovare i pensieri fatti anche molto tempo prima, in una specie di nuovo testo. Spero si continuerà a stampare libri per altri cento anni!
[…] si trova in un articolo che Ferris Jabr ha pubblicato su Scientific American, e sono grata a Luisa Carrada per averlo portato alla mia attenzione sul Mestiere di scrivere (un blog che consiglio a tutti, anche a chi vuole soltanto leggere e non […]
Chi predilige lo schermo non ama la lettura. Non è questione d’abitudine, ma d’interpretazione dell’esperienza e quindi, semmai, d’educazione.
Così come per raggiungere rapidamente una località ci si affida volentieri(con un ottimismo, a dire il vero, non sempre giustificato)al navigatore satellitare, allo stesso modo dovendo reperire informazioni d’altro genere o per “farsi un’idea”, si ricorre ragionevolmente alla ricerca tramite computer e quindi alla lettura su schermo, sperando di imbattersi in un buon editing di testo. Il problema sorge, quando, nella più ingiustificata commistione degli strumenti tecnologici, con la conseguente omologazione delle modalità d’uso, si riducono gli ambiti sensoriali a disposizione del fruitore, contribuendo di fatto ad una diseducazione del gusto.
Per questo sarebbe meglio puntare sulle specificità di ogni mezzo di comunicazione. Com’è emerso anche da questo blog: il piacere della lettura su carta comporta un approccio fisico e personale, il cui valore in termini d’interattività non può paragonarsi alla lettura su schermo, che comporta l’aggravante dell’impossibilità di prendere davvero le distanze dalla pagina web interrogata.
Mentre il cartaceo può mantenere la sua promessa d’appartenenza, il virtuale si limita a solleticare il desiderio di possesso, operando una pericolosa mistificazione.
Limitare il significato del leggere alla comprensione del testo sarebbe, infatti, come far coincidere il successo di un viaggio con il raggiungimento della meta, scordandosi del paesaggio o delle relazioni intercorse. Poter continuare ad esercitare la “topografia” della pagina è allora un’ottima palestra anche per continuare a fare geografia tra web-maps e carte storiche.
Serena Nascimben
[…] a diversi testi, obiettivi comunicativi, situazioni di lettura e persino stati d’animo. Qualche post fa citavo un lungo articolo dedicato a questo tema su Scientific American: il digitale ha tanti […]
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