Per Roberto Cotroneo, che seguo su Twitter (@robertocotroneo) da alcuni mesi, “il social network è la vecchia bustina di minerva, lo scontrino del supermercato o della farmacia su cui scrivere delle cose”. Quelle cose sono quasi sempre emozioni, immagini, tracce di suoni, piccole illuminazioni quotidiane.
Nel suo nuovo libro, Tweet di un discorso amoroso, il ritmo può farsi a volte più disteso nel racconto di un sogno, dell’ultimo incontro con una grande scrittrice o dell’anima di un pianista. Dei tweet rimangono il filo conduttore puramente emozionale, una speciale idea del tempo e una visione del più sintetico dei nostri social network come archivio del nostro mondo interiore:
“Ritengo che il modello di Twitter, che ancora sta dilagando, sia ormai morto. E tutti i modelli di social network che pensano di sostituirsi ai mezzi di informazione sono destinati a fallire. Le informazioni, in un mondo complesso e ambiguo, nonché globale, hanno bisogno di certezza delle fonti e devono essere sicure. Si imporranno sempre di più i giornali, con la loro rete imperfetta di controllo, a dare e garantire informazione.
Penso invece che ci stiamo avviando verso un paradigma emozionale dei social network. Non è la temporalità dei tweet che conta, e neppure l’aderenza a quello che accade all’esterno, ma è l’aderenza a quello che succede invece dentro di noi, il rapporto che c’è tra mondo interiore e condivisione del mondo interiore, che non significa raccontare le proprie cose private, e non significa riconoscere le ombre di qualcuno che prima di voi ha camminato sulla vostra stessa spiaggia, ma significa utilizzare queste orme per capire se quella strada, tracciata passo dopo passo da qualcun altro di cui non sappiamo nulla, è una strada possibile.
Il tempo interiore è un tempo diverso da quello degli orologi. E il tempo interiore sarà l’unico tempo possibile delle future timeline. Sarà fatto di film, di musica, di poesia, di letteratura, di ricordi e memoria, di storia personale e collettiva, di immaginari e di passioni. Non sarà il commento a caldo di una cosa, non sarà la politica che è sempre tragicamente uguale, sarà il raccontare la propria identità, non per narcisismo, ma perché si possano mettere assieme tracce e percorsi che arricchiscano e restituiscano una lettura del mondo diversa, più ricca. Un archivio emozionale di chi siamo e di chi siamo stati. Per capire, forse, chi saremo.
Questo è il mio modo di pensare il web 3.0. Che ancora non c’è. Questo è il modo in cui cambierà tutto. Questo l’esperimento che ci riserva il futuro.
Da parte mia, posso mettere a disposizione, nei limiti del possibile e del buon senso, e nei limiti del mio bisogno di riservatezza delle mie storie personali, quello che è il quotidiano pensiero di uno che fa il mio lavoro, di uno che vede il mondo con le lenti che mi sono scelto. Ma un social network emozionale – e non esibizionista, ma tutt’altro – non è soltanto una possibilità, bensì è l’unica strada per continuare a usarli e diventare qualcosa di più che commentatori occasionali.
Curate i vostri tweet come fossero testi da leggere e rileggere, come un diario, come una cura, e dimenticate il tempo e anche un po’ quello che accade per tutti al di fuori. Quello che accade per tutti, in fondo, non accade per nessuno. E il tempo interiore è l’unico tempo vero che possiamo condividere.”