Salvo le pagine web interessanti in de.li.cious, e ho provato invano ad archiviare quello che mi interessa in Evernote. Poi mi sono rassegnata, e le pagine su cui voglio tornare, leggerle finalmente con calma, e magari annotarle, ho ricominciato a stamparle e a metterle in un angolo della mia scrivania.
Di solito nel fine settimana le riprendo e me le leggo. Nell’ormai faticoso equilibrio di tempi e attenzione, analogico e digitale, la carta si è riconquistata un piccolo spazio. Vedere gli articoli tutti insieme – specialmente quelli lunghi –, toccarli e sfogliarli, mi aiuta a rifletterci su e a vedere connessioni che nella velocità dell’esplorazione digitale non riuscirei a vedere.
Così, poco fa, How to write in 700 easy lessons ha illuminato Your brain on fiction. Il primo è una lunga requisitoria nei confronti dei manuali di scrittura creativa pieni di consigli pronti all’uso e si conclude con l’unico possibile e sensato invito: andatevi a leggere direttamente i grandi scrittori, solo così avrete la possibilità di imparare qualcosa.
Mi sono sentita un po’ chiamata in causa, perché questo vale in parte anche per i manuali di scrittura professionale, e io ne ho scritti almeno tre e da anni ormai ne scrivo sul sito e su questo blog.
I manuali di scrittura professionale aiutano, ma solo se non li leggiamo come un elenco di regole e prescrizioni e se ci forniscono indicazioni da interpretare e chiavi per procedere oltre da soli. Non è un caso se quelli che più ho apprezzato e più mi hanno formata e ispirata negli anni hanno come riferimento la letteratura: tra gli autori metto in testa a tutti Roy Peter Clark negli USA e Massimo Birattari in Italia.
E qui entra in gioco Your brain on fiction, che ci spiega molto bene come e perché anche chi scrive articoli di giornale, siti web o brochure aziendali migliora solo ispirandosi ai classici e ai loro meccanismi narrativi.
I neuroscienziati riescono oggi a vedere molto bene cosa succede nel nostro cervello quando leggiamo, e come reagiamo anche alle singole parole.
Nella lettura non è interessata solo la zona della corteccia cerebrale, quella deputata al linguaggio che ci distingue come esseri umani, come si credeva una volta. Quella ci fa capire le parole e il loro significato, ma non ci coinvolge emotivamente. E ogni comunicazione efficace è fatta di razionalità e di emozione insieme.
Oggi sappiamo che le parole che si riferiscono ai sensi e al movimento interessano altre zone del cervello e ci fanno annusare, toccare, vedere, sentirci in movimento o in mezzo al mare anche se stiamo leggendo sprofondati in poltrona. Ma quelle parole devono essere concrete, precise, evocative, non piatte, generiche, astratte. Se una storia che si svolge tremila anni fa o in un futuro improbabile ci sembra così vera e plausibile tanto da viverla anche noi con tutto il nostro essere è perché il cervello non distingue poi tanto tra leggere di un’esperienza e viverla davvero.
Qualche giorno fa l’editor del Poynter Institute Chip Scanlan ha tirato le fila per i lettori del sito, punto di riferimento per i giornalisti di tutto il mondo: How brain science can make you a better writer, e conclude con alcune indicazioni (non regole!) utili per tutti:
- creare scene, situazioni, che non descrivano ma “facciano vedere”
- non fermarsi al generico, ma andare al dettaglio: più le parole sono precise più sono vivide e quindi memorabili per il lettore
- scegliere verbi forti, alla forma attiva
- sviluppare fiuto e gusto per le storie.
… e siccome nella mente si creano connessioni anche scrivendo, ora che sono arrivata fin qui e mi sono chiesta “be’, ma un bell’esempio no?” la memoria mi ha soccorso. Leggetevi l’avvincente post “scientifico” di una biologa, Lisa Vozza: A scuola di balene con Moby Dick, giuntomi con un tweet dalla mia impareggiabile editor Donata Cucchi (#do_cucchi).
Per oggi, almeno una piccola tela è completa. Buon fine settimana 🙂
Su questo blog leggi anche:
Una sbirciatina nel nostro cervello
Continuare a danzare con i testi
Reblogged this on My scrapbook.
[…] Il cervello che legge, e noi che viviamo […]
[…] Il cervello che legge, e noi che viviamo […]
[…] Il cervello che legge, e noi che viviamo […]
[…] Il cervello che legge, e noi che viviamo […]
[…] Il cervello che legge, e noi che viviamo […]
[…] e carte topografiche Anatomia della lettura Il cervello che legge, e noi che viviamo Una sbirciatina nel nostro cervello Continuare a danzare con i […]
[…] scrittore e il suo terzo occhio Il cervello che legge, e noi che viviamo Pensare e scrivere vivido Su e giù per la scala […]
[…] e piangere Sul web, così si legge, così si scrive (dati alla mano) Letture e carte topografiche Il cervello che legge, e noi che viviamo Continuare a danzare con i testi Anatomia della lettura Nanocontent per minischermi Leggere sullo […]
[…] visual design Continuare a danzare con i testi Letture e carte topografiche Anatomia della lettura Il cervello che legge, e noi che viviamo Una sbirciatina nel nostro […]