Be’ sì, si è concluso proprio così il primo fine settimana intensivo di calligrafia con Monica Dengo (Il potenziale creativo della scrittura a mano): con tutti i taccuini che abbiamo disegnato, piegato e realizzato alla fine delle due giornate. “Piegato”, perché non abbiamo usato cucitrici e colla, ma solo le nostre mani che piegavano in dentro, in fuori, in su e in giù fino ad avere un taccuino leggero ma solidissimo per i nostri appunti.
E di appunti, fogli e scritture, me ne porto a casa tantissimi, più il desiderio di praticare intensamente fino al prossimo appuntamento.
Le mie scritture non sono propriamente “belle”, come il nome vorrebbe, ma sono inconfondibilmente e fortunatamente mie, e di nessun altro.
Mentre scrivevo mi parlavano di me: della mia impazienza, della mia mania di correre e anticipare, della mia difficoltà nell’accettare limiti e imperfezioni.
Come nella pratica yoga, però, me ne sono stata lì, a osservare, a trovare il ritmo, e piano piano a sintonizzarmi.
Non è stato difficile, circondata da forme, colori, cose, idee e persone belle, che cercavano insieme a me.
Due giorni che sono partiti dalla storia delle maiuscole romane, dal rigore e dalla pazienza con cui le abbiamo disegnate e spaziate, una per una, fino all’esplosione finale delle lettere e delle parole su decine di fogli, nelle frasi che più ci piacevano, e all’assemblaggio del taccuino, quintessenza concreta del nostro lavoro.
La calligrafia non come perfezione da conseguire a tutti i costi entro canoni rigidi, ma come riscoperta del ritmo della scrittura e della potenza espressiva della sua forma.
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Ma come si fa a costruire un taccuino senza colal e forbici? Potresti spiegarlo meglio? Ho provato a cliccare sulla prima foto per capirlo, ma il link è morto. Grazie!
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