Gli sms, le e-mail finiranno con l’uccidere la corrispondenza tradizionale? Oggi la comunicazione della perdita del lavoro o della fine di un amore o della scomparsa di una persona cara avviene attraverso la brutale concisione alla quale questi mezzi quasi ci costringono. Gli innamorati non perdono tempo a scrivere “ti voglio bene”, mandano una sigla, tvb. E se si vuole far partecipi gli amici di un dolore o di una gioia, basta inviare loro il disegnino che mostra un faccino triste o sorridente. L’omologazione assoluta. Spero che i poeti, gli scrittori, gli artisti, gli scienziati continuino a scrivere lunghe lettere agli amici, ai colleghi, alle loro donne. Altrimenti i nostri posteri non capiranno nulla dei nostri sentimenti, di com’eravamo.
È ciò che scrive oggi sulla Domenica del Sole 24 Ore Andrea Camilleri nella sua rubrichetta Posacenere. “La solita rampogna… la corrispondenza tradizionale è già morta e da un bel pezzo!” mi sono detta aprendo il giornale. Poi ho letto anche le ultime righe e ho ripensato a quello che sto facendo tutte le sere, da una settimana a questa parte. Sto rileggendo e facendo editing a una bellissima storia, quella della vita della mia amica settantacinquenne Marinella.
Marinella è la nonna di tre nipoti, una nonna moderna, di quelle che usano web ed email da anni con estrema disinvoltura. Lei, volontaria in un hospice e formatrice di volontari, ha persino un blog. Eppure a un certo punto ha sentito il bisogno di scrivere la storia della sua vita proprio perché ormai tutta la sua corrispondenza è affidata alla volatilità del digitale. Per lasciare ai suoi nipoti non solo i suoi ricordi, ma anche la storia più lontana di tutta la famiglia, quella che lei – con lettere, biglietti, diari e foto di carta – è riuscita a ricostruire. E così parte dalla prima guerra mondiale, e dal diario che il suo giovanissimo padre scrisse in trincea, fino ai giorni nostri.
La storia mi appassiona e ne sto limando le frasi con cura perché so che valore avrà per la figlia di Marinella, i tre nipoti e tutti noi amici che tra poco la leggeremo sulle pagine di un libro stampato.
E conosco bene questa urgenza di fissare sulla carta racconti e memorie di cui rischi di essere l’ultima depositaria: io addirittura l’ho sentito e soddisfatto ben prima di Marinella, a trent’anni. Passai mesi a intervistare mia nonna ultranovantenne e a spulciare con mamma tra foto e interi carteggi, collegando nomi, vicende anche minute, volti e aneddoti. Ne passai altrettanti a scrivere il mio mémoir, che consegnai a tutta la famiglia riunita la vigilia di Natale. Nonna se ne andò pochi mesi dopo e averla fatta felice raccontando ai suoi tanti nipoti e anche a lei stessa la storia della famiglia a partire dalla fine del settecento mi diede molta serenità.
Oggi – ha ragione il nostro Camilleri – andare al di là della memoria viva di ciascuno, facendo parlare le carte conservate nei cassetti, non sarebbe più possibile. Ma è possibile, forse meglio di prima, fissare ciò che abbiamo vissuto e ciò che ricordiamo per averlo ascoltato da genitori, nonni e bisnonni.
Se la corrispondenza tradizionale è ormai morta da un pezzo, allora diamo nuova vita al mémoir! Ad aiutarci abbiamo moleskine, iPad e persino traduttori voce-testo.
In linea di massima Camilleri ha ragione. Poi ci sono i fissati che ancora scrivono lettere d’amore per il piacere di imprimere parole sul foglio profumato. Io sono tra questi.
E speriamo che vengano finalmente pubblicate anche le memorie della tua nonna ultranovantenne … Attendiamo fiduciosi
Dario, amico mio, quando le pubblicherò sarà con le tue foto del Palazzo Cipolloni Cannella 🙂
Luisa
Sono assolutamente d’accordo. Io tengo addirittura due diari e due agende per essere sicura di non perdere nemmeno un attimo della mia vita.
[…] a leggere: Se la corrispondenza muore, lunga vita al mémoir!. Vota:Sharing is caringCondivisioneEmailTwitterFacebookTumblrRedditLike this:Mi piaceBe the first […]
Ciao Luisa, scusa l’OT terra-terra a fronte di un bellissimo post, ma visto che lo citi in chiusura te lo chiedo qui. Hai un suggerimento riguardo un buon traduttore voce-testo con risultati accettabili?
Matteo,
io uso Dragon, che è perfetto, ma sull’ipad.
Luisa
[…] Questa volta il decano dei nostri linguisti parla poco della lingua e molto dei suoi maestri e della sua famiglia. Lo ha fatto, in maniera più estesa, alcuni anni fa in un libro che mi piacque molto, Parole di giorni lontani. Il mémoir del professore è una storia familiare, vista dai suoi occhi di bambino ed evocata da alcune parole rimaste ferme nella sua memoria. Quelle incancellabili, come certe immagini, cui ancoriamo i nostri primi ricordi. Una storia semplice, di una famiglia numerosa nella Napoli degli anni ’40. Nessuna dotta disquisizione linguistica per un racconto nato prima di tutto per sé e per la propria famiglia, ma di piacevolissima lettura e interessante per tutti. Sarà che io sono particolarmente appassionata delle storie di famiglia e lo sono diventata ancora di più nel tempo. Più le tecnologie avanzano accelerando i tempi, più le nostre scritture si fanno effimere, più penso sia importante conservare le storie di famiglia. Ne scrissi qualche mese fa: Se la corrispondenza muore, lunga vita al mémoir! […]
[…] Se la corrispondenza muore, lunga vita al mémoir! […]
[…] Se la corrispondenza muore, lunga vita al mémoir!, ispiratomi dalle memorie della mia ottantenne amica blogger Marinella […]