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risali negli anni

18 Settembre 2012

Col corsivo corrono i pensieri

Con l’arrivo della scrittura digitale lo stile corsivo ha subito uno strano destino.
Sullo schermo appare un po’ seghettato e in alcune font si piega di lato fino all’inverosimile. Per questo se ne raccomanda un uso parsimonioso.
Ma anche quando scriviamo a mano, siamo ormai talmente disabituati alla scrittura corsiva che ricorriamo sempre più spesso allo stampatello.
Io lo faccio regolarmente, per farmi capire e anche per capirmi da me, ma così scrivo a fatica e mi sembra che la mia mano sia sempre più lontana dai miei pensieri. Una sensazione che non mi piace per niente.

Qualche anno fa una persona che doveva diplomarsi in grafologia mi chiese un campione della mia scrittura per la sua tesi. Per produrre un campione attendibile dovetti riprendere la mano per giorni. Ma la lettura che ne fece fu entusiasmante, mille volte meglio della carta astrale e della chiromanzia. E stava tutta nella mia mano.

Il corsivo è lo stile più elegante: è chiamato anche “aldino”, perché fu il padre e il re di tutti i designer editoriali, Aldo Manuzio, a commissionarlo al tipografo Francesco Griffo alla fine del quattrocento.

È anche il più naturale perché, come dice il suo nome, la penna corre sul foglio e se ne distacca il meno possibile. L’ideale, quindi, per inseguire i pensieri, farsi trasportare dai progetti e dai sogni. Una corsa veloce, ma costante e ritmata, più regolare  del pigiare sulla tastiera o fare tap sul tablet.
Negli ultimi tempi ne ho una gran nostalgia, perché sento che in tutto questo pigiar di tasti sto perdendo qualcosa.
Così sbircio e seguo con passione disegnatori e calligrafi.

L’ultima scoperta l’ho fatta stamattina e finalmente di tratta di un bel sito italiano: Scrittura corsiva.
L’ha ideato la calligrafa e artista Monica Dengo, insieme a Riccardo Olocco e Laura Bravar. Insieme, ci propongono di re-imparare il corsivo, e raccontano di una bellissima esperienza che hanno fatto con i bambini in una scuola elementare e le loro insegnanti vicino ad Arezzo.
Ma l’invito è per tutti, anche per gli adulti ormai analfabeti di ritorno in fatto di calligrafia come me. I loro argomenti sono più che convincenti:

Credo sia fondamentale tenere a mente che la scrittura è immagine. Lo è sempre, e come tale comunica sempre delle emozioni visive.

Il corsivo è la forma di scrittura a mano più evoluta, quella in cui le forme sono eseguite con il minor numero di tratti e sollevamento di penna, consentendo al pensiero di fluire sul foglio. La scrittura a mano è intimamente legata all’espressione della persona e può affiancarsi naturalmente all’uso di strumenti elettronici, ampliando così i linguaggi e i mezzi espressivi.

Oggi molti sostengono che la scrittura a mano sia comunque troppo lenta rispetto alla velocità della mente e dei tempi in cui viviamo. Questo è un punto importante perché è vero che si tratta di una pratica lenta, come lo è camminare rispetto all’uso dell’auto, ma se usassimo solo l’auto e il computer diventeremmo dipendenti da questi mezzi e non potremmo sfruttare a pieno le nostre capacità fisiche/manuali. La scrittura a mano è una pratica che aiuta lo sviluppo di un rapporto equilibrato e armonico tra mente e corpo.

Lo sapevate che le lettere si dividono in gruppi e che possono essere a onde e aste, a rimbalzo, a uovo, a chiocciola e a zigzag? E che ognuna ha la sua direzione?
Mi sa che prossimamente un po’ di calligrafia farà parte della mia terapia della lentezza.

0 risposte a “Col corsivo corrono i pensieri”

  1. Non a caso si usa il corsivo per: i titoli di film, quadri, libri, nomi d’arte, statue. Forma e contenuto per l’ingegno e la creatività umana che devono potersi distinguire dal fare quotidiano e piatto.
    Un saluto
    Simonetta

    P.S.: tra il tunnel carpale e l’uso della tastiera, ormai la mia calligrafia stenta a materializarsi sul foglio bianco. Quando devo firmare, me ne lamento ad alta voce. Tutti mi guardano strani! Come spiegare il mio dolore nel veder morire ciò che è davvero il mio segno? Ai grandi vip e non, oltre che una foto rubata, non si chiede un autografo?

  2. Lo scorso gennaio un interessante articolo apparso su Repubblica ed intitolato: “Rivincita della calligrafia nel secolo del digitale – Alla ricerca del corsivo perduto ..” mi aveva fatto avvicinare al tema della “bella grafia” legato, appunto, al senso della lentezza e dell’equilibrio. Mi ero infatti ritrovata nella citazione di Barbara Calzolari, esperta in calligrafia e membro dell’Associazione Calligrafica Italiana, la quale affermava che “con il corsivo il nostro pensiero arriva fluido sul foglio, senza censure, fratture, è la nostra lingua privata, ci racconta, ci svela”.
    Bellissimo il sito di Scrittura corsiva (soprattutto per chi lavora con bambini e ragazzi … lo consiglierò). Grazie per la segnalazione!

  3. Io adoro il corsivo. Lo trovo più intenso del grassetto.
    Sia sul web, che su carta stampata che relativamente alla scrittura a mano.

  4. A me piace tanto scrivere a penna, anche se il mio ‘corsivo’ è ormai diventato un mix di corsivo e stampatello minuscolo. Mi piace la sensazione della penna che verga la carta.
    Sto cercando di imparare a scrivere a mano anche sul tablet, ma lo stilo è goffo e la ‘carta digitale’ è scivolosa. Chissà che questo bel sito che hai segnalato non possa insegnarmi qualche trucco per riprodurre la mia scrittura corsiva anche sul tablet. 🙂

  5. Io continuo a scrivere più velocemente e più faticosamente a mano: la tastiera è per il lavoro, carta e penna per i segreti e le confidenze. Amo la mia grafia, che ho saputo riconoscere tardi, finita la scuola, e mi trovo nella relazione mano-piede, le estreme possibilità di conoscenza di sé.

  6. Questo è un post da batticuore 😀
    Mi piaceva scrivere a mano, moltissimo; mi sentivo libera, a mio agio, grazie proprio alla scorrevolezza del corsivo.
    Oggi scrivo quasi tutto con la tastiera, sopravvivono a fatica i bigliettini d’auguri, qualche dedica lasciata sui libri, la lista della spesa.
    Della tastiera apprezzo la velocità, il ritmo vivace della scrittura, quella sensazione dei tasti sotto i polpastrelli. Per me non è brutto scrivere con la tastiera, usando entrambe le mani, tutte le dita; si è un po’ come dei pianisti 😀
    Ma scrivere a mano – e in corsivo – era un modo per guardare le parole e i pensieri.
    Se penso a quanto è cambiata la mia grafia in questi anni di trascuratezza… ormai bastano dieci parole di fila e diventa deforme, nervosa, sembra la grafia di una psicopatica.
    È difficile recuperare l’armonia, serve esercizio, costanza, serve trovare i tempi e gli spazi per farlo. Un bell’aiuto mi è venuto dalle mappe mentali (una buona scusa per tornare a pensare, colorare, curare la grafia), ma dopo aver letto questa ode al corsivo sento che è giunto il momento di cercarmi un bel corso e mettermi al lavoro sul serio.

    ps: sullo scrivere a mano sui tablet. Condivido le impressioni di s0fiast3lla: è una scrittura gossa, scivolosa, aggiungo per niente naturale. Io uso il tablet (e una bamboo stylus) per prendere appunti veloci, tracciare segni, scrivere note, ma ad oggi non è lo strumento giusto per scrivere, men che meno a mano e in corsivo.

  7. Bello il sito e belle le riflessioni sulla scrittura.a mano, che per me è legata anche a un piccolo piacere che ormai sta scomparendo: la sorpresa di aprire la cassetta della posta e tra pubblicità ed estratti conto trovare una lettera tradizionale, scritta a mano, e l’emozione di pensare immediatamente a una persona nell’attimo in cui si riconosce la calligrafia.

    Un altro aspetto della scrittura a mano che mi è sempre piaciuto è che la calligrafia è personale eppure può rivelare la nazionalità di una persona, o perlomeno lo faceva fino a una ventina di anni fa, prima che la posta elettronica prendesse il sopravvento: i tedeschi hanno un modo particolare di scrivere le u e le n, gli spagnoli mettono un taglietto orizzontale che taglia la gamba delle q, gli inglesi, anzi, soprattutto le inglesi, hanno una scrittura molto tondeggiante. Mi sembra invece che gli americani che usano ancora il corsivo abbiano tutti una scrittura molto simile tra loro e si ha l’impressione che a scrivere sia stata una persona anziana, anche se gli autori sono ancora (relativamente) giovani, probabilmente perché negli Stati Uniti vengono seguite regole ben precise nella composizione delle parole che chi scrive rispetta senza personalizzazioni varie come accade(va) nella scrittura degli italiani: la direzione dei tratti che compongono le lettere “americane” è predefinita e ci sono delle proporzioni precise tra le varie parti di una lettera, come si può vedere in un esempio qui.

    Proprio per questo, forse il dettaglio che mi convince meno del progetto Scrittura corsiva è l’aspetto che a me sembra “poco italiano” di alcune lettere, nonostante i nomi modello italico e corsivo italico e il riferimento al Rinascimento: alcune lettere, come la r, la b e la p mi ricordano scritture “straniere”.

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