Tanti, da ieri, i commenti e le analisi sul “discorso perfetto” di Bill Clinton alla convention democratica. Poynter.org, il sito di riferimento per i giornalisti statunitensi, ne ha ricavato 10 efficaci strategie retoriche dal discorso di Bill Clinton. Strategie utili a tutti, esemplificate con passaggi tratti dal discorso.
Le ho tradotte, attingendo per i passaggi alla traduzione in italiano che ne ha fatto europaquotidiano.it
Il discorso di Bill Clinton alla convention democratica ha comprensibilmente riscosso molta attenzione. Factcheck.org l’ha definito “un incubo per i fact-checker”, altri lo hanno criticato per la sua lunghezza, ma c’è soprattutto una cosa che lo ha fatto tanto brillare: la buona scrittura.
Molti i fattori che rendono la scrittura così potente. Eccone alcuni:
Contrasto
Clinton è riuscito a rafforzare molte delle sue convinzioni giocando con i contrasti.
Voglio designare un uomo che fuori è algido, ma che dentro arde per l’America.
Se volete una società in cui chi vince prende tutto e ognuno fa per sé, dovreste votare il ticket repubblicano. Ma se volete un paese di opportunità condivise e di responsabilità condivise, una società in cui tutti siamo sulla stessa barca, dovreste votare per Barack Obama e Joe Biden.
Ripetizione
Clinton ha ripetuto alcune parole e frasi lungo tutto il discorso, rendendole memorabili.
Voglio designare un uomo che fuori è algido…
Voglio un uomo che creda senza alcun dubbio che possiamo costruire un nuovo sogno economico americano…
E poi, dopo la scorsa notte, voglio un uomo che ha avuto il buon senso di sposare Michelle Obama.
Voglio Barack Obama come prossimo presidente degli Stati Uniti.
Una delle principali ragioni per cui dobbiamo rieleggere il presidente Obama è che è ancora propenso alla cooperazione costruttiva. Guardate quello che ha fatto. Guardate quello che ha fatto. Guardate quello che ha fatto.
E se rinnoverete il suo contratto da presidente, lo percepirete. Eccome se ve ne accorgerete.
Linguaggio inclusivo
Clinton ha usato spesso i pronomi “noi”, “tutti voi” e l’espressione “amici americani”, dove la complicitàvince sulla partigianeria.
Noi democratici pensiamo che il paese funzioni meglio con una classe media forte…
A Tampa – l’avete guardata la convention? Io sì – a Tampa l’argomento chiave dei repubblicani contro la rielezione del presidente era abbastanza semplice…
Amici miei americani, tutti noi in questa sala e quelli che guardano da casa, dovremo decidere in che tipo di paese vogliamo vivere.
Vedete, noi crediamo che “l’essere tutti sulla stessa barca” sia una filosofia molto migliore del “contare solo su se stessi”.
Amici miei americani, se è questo che volete, se è questo ciò in cui credete, dovete votare e dovete rieleggere il presidente Barack Obama.
La “regola del tre”
Gli scrittori spesso si affidano alla “regola del tre” per dare ritmo al testo e sottolineare punti chiave. Clinton lo ha fatto più volte lungo tutto il discorso.
Noi democratici pensiamo che il paese funzioni meglio con una classe media forte, con reali possibilità per chi è povero di accedervi, con un’inflessibile attenzione sul futuro, con il business e il governo impegnati a lavorare assieme per promuovere la crescita e condividere la prosperità, ampliandola.
Ecco, siamo già arrivati al punto di arrivo? No. Il presidente è appagato? Certo che no. Ma possiamo dire di stare meglio di quando Obama è stato eletto? Certo che sì.
L’aritmetica ci dice – qualunque cosa sostengano loro – che possono succedere tre cose. (e va avanti a spiegare queste tre cose, cominciando ogni volta con “uno”, “due”, “tre”):
Il potere di uno
Le parole acquistano peso quando sono da sole. Nel discorso di Clinton questo vale soprattutto per due parole: zero e aritmetica. Così potenti, perché prima di pronunciarle ha fatto una pausa, e poi le ha ripetute a distanza.
Ecco un altro numero sul lavoro. Obama: più 4 milioni e mezzo di posti. Repubblicani al Congresso: zero.
Eccovi un altro dato. Obama: 250mila. Romney: zero.
Quali nuove idee avevamo portato a Washington? Rispondo sempre con una parola sola: aritmetica. Aritmetica!
È stato un grosso inconveniente per loro nei dibattiti di allora che io fossi solo un ragazzo di campagna dell’Arkansas, che venissi da un posto dove la gente pensa ancora che due più due fa quattro. È aritmetica
Umorismo
Non è facile condire i testi con l’umorismo, in particolare quando si parla di argomenti seri. Ma Clinton è riuscito a strappare qualche risata. E così a dare enfasi ai suoi punti di vista e a smorzare la gravità del discorso.
Quando il deputato Ryan si è rivolto alla telecamera e ha attaccato «il grosso e crudele atto di forza» del presidente Obama contro il Medicare, beh, non sapevo se ridere o piangere.
Dovete ammetterlo: ci vuole veramente una faccia di bronzo per attaccare qualcuno per aver fatto ciò che hai fatto tu.
Indicazioni di ascolto
Clinton raccomanda spesso di ascoltare cosa sta per dire. Una cosa importante quando un discorso è trasmesso alla televisione, dove le persone si distraggono, e nei discorsi lunghi, perché aiuta e richiamare l’attenzione.(il discorso di Clinton è di circa 6000 parole).
Vi state divertendo, ma veniamo alle cose serie, e voglio che mi ascoltiate.
Datemi retta. Nessun presidente, nessun presidente, né io, né nessuno i miei predecessori, nessuno avrebbe potuto riparare in soli quattro anni a tutti i guai che si è trovato davanti.
Aprite le orecchie in Michigan, Ohio e nel resto del paese. Eccovelo un altro dato. Obama: 250mila. Romney: zero.
E ascoltate questa. Ascoltate tutti.
Linguaggio divulgativo
Come il buon giornalismo divulgativo, il discorso di Clinton rende i temi complicati facili da capire. Affronta temi come la riforma della sanità con uno stile da conversazione e usa frasi come “ecco come funziona”, “ecco cosa è successo davvero”.
Ecco, guardate. Ecco la sfida che Obama affronta e la sfida che affrontate tutti voi che lo sostenete.
La riforma del prestito studentesco è allora più importante che mai. Ecco come funziona. Ecco come funziona.
Diamo ora uno sguardo a quanto è veramente successo finora, se parliamo di sanità.
Ora questo che significa? Che significa? Significa che nessuno dovrà abbandonare il college nel timore di non ripagare il debito.
Ecco, questo è ciò che è accaduto veramente. Giudicate voi.
Domande e risposte
Clinton non ha solo posto domande. Ha dato anche risposte. E, come un buon giornalista, ha chiesto molti “perché?”. Le sue risposte infondono speranza e fiducia.
Perché penso che sia vero quello che vi dico? Perché la cooperazione funziona meglio del conflitto costante? Perché nessuno ha sempre ragione, e anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno.
Ora, perché ci credo? Mi ci voglio soffermare.. Ci credo perché…
E quindi: non stiamo forse tutti meglio perché il presidente Obama ha lottato e l’ha fatta passare? Ci potete scommettere.
La fine
La scrittura potente riannoda l’inizio e la fine. Clinton comincia il suo discorso con il refrain “Io voglio”. Lo chiude con lo stesso verbo, ma questa volta l’enfasi è sul popolo americano.
Se volete che ogni americano possa votare e che sia un errore cambiare le procedure di voto, solo per ridurre l’affluenza dei giovani, dei più poveri, delle minoranze e dei disabili, dovreste votare Barack Obama.
Nello stesso modo, così come all’inizio aveva definito Obama “un uomo algido fuori, che dentro arde per l’America”, così alla fine riprende l’orgogliosa analogia.
Abbiamo attraversato ogni fuoco uscendone un po’ più forti e un po’ migliori.
Stavo per scrivere: sarebbe interessante leggere la stessa analisi per il discorso di Michelle Obama, quando ho visto che nel post precedente è linkato l’originale. Grazie per lo spunto.
“I have a dream…” che qualcuno dei nostri politicanti passi a legersi il blog di Luisa e che abbiano ascoltato e visto i discorsi della consorte del Presidente Obama e dell’ex Presidente Clinton. Son convinta che dietro all’ottima scrittura, a cui fanno da attraente corollario le analisi interessantissime degli addetti ai lavori, ci siano delle raffinate tecniche “ipnotiche” e delle bugie elegantemente vestite a sera. Tuttavia io adoro sentir parlare i personaggi sopra menzionati e, quando ho visto Michelle, ho pensato alla ricchezza della nostra lingua: in fondo anche da noi si potrebbero trovare le parole… peccato che a mancare siano le pagine su cui scriverle e tanto coraggio di chi vuole rappresentarci.
Reblogged this on Womenoclock.
Gli speech writers sono favolosi, ma lo speaker è altrettanto eccezionale. Guardate quanto ha improvvisato, e come ha improvvisato, rispetto al testo originale: http://www.theatlanticwire.com/politics/2012/09/what-bill-clinton-said-vs-what-he-wrote/56562/
Un ulteriore punto di merito è che il discorso risulti così efficace in italiano nonostante la traduzione non certo eccelsa di europaquotidiano.
Per chi sa l’inglese, è da leggere la versione originale, magari il confronto tra quella ufficiale e quella effettivamente pronunciata: http://www.theatlanticwire.com/politics/2012/09/what-bill-clinton-said-vs-what-he-wrote/56562/
Frasi come “I want to nominate a man cool on the outside but who burns for America on the inside” funzionano benissimo in inglese, non altrettanto nella versione italiana.
Scusate la ripetizione del link, non avevo visto che l’aveva già inserito Lisa.
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