In questi giorni di convention americane torna potente alla ribalta il tema “discorsi”.
Si guardano e si riguardano, si analizzano pezzo per pezzo, come quello di Michelle Obama, che pare non abbia frasi superiori ai 140 caratteri, proprio quelle giuste per un tweet. E in effetti io me lo sono letto prima di tutto di tweet in tweet, la mattina mentre bevevo il caffè.
E oggi su Repubblica c’è un bel commento di Federico Rampini sul discorso di Bill Clinton, oratore più persuasivo e smagliante che mai.
Parole pronunciate, che però hanno bisogno di basi di scrittura solidissime, quelle del gruppo di speech writer della Casa Bianca capitanate da Jon Favreau. Basi sempre più importanti anche per ciascuno di noi perché, mentre il video trionfa sul web, possono fare la nostra fortuna e quella della nostra azienda.
Per colpire con le parole in pochi minuti, le basi si costruiscono soprattutto sulla carta e i tempi possono essere molto lunghi: si scrive e si riscrive, si declama ad alta voce, si taglia, si riscrive e si taglia ancora. Ma anche – ed è una bella scuola – si analizzano i discorsi che ci hanno colpito. Non solo ascoltandoli e riascoltandoli, ma anche “guardandoli”, annotandoli e riscrivendoci su.
Il New York Times lo ha appena fatto proprio con i discorsi di Michelle Obama e Bill Clinton nella rubrica Anatomy of a speech.
È quello che fa anche Andrew Dlugan nel suo bel sito Six Minutes: prende discorsi famosi e li annota con evidenziature di diversi colori. Giallo per i passaggi sulla condivisione, rosa dove si annuncia qualcosa di importante che seguirà nella frase successiva, verde per lo storytelling, grigio per le reazioni del pubblico, azzurro per le domande retoriche e così via. Guardando dall’alto si vede la costruzione del discorso e soprattutto se ne colglie ilritmo.
Nel suo ultimo post lo fa con il discorso più gettonato delle TED Conference, Do schools kill creativity? di Ken Robinson:
È quello che fa anche Nancy Duarte nel suo libro Resonate, ma con strumenti ancora più raffinati e la forza della più famosa agenzia mondiale di presentation design. Parole, ritmi, picchi e accorgimenti retorici di discorsi famosi disegnati sulla pagina in immagini memorabili di grande bellezza, dove l’occhio arriva ad aiutare l’orecchio, come nel famoso I have I dream di Martin Luther King:
Reblogged this on Womenoclock.
Ciao Luisa,
Mi ha colpito molto ritrovare nel tuo blog i segni di quel bellissimo discorso che vidi su ted.com riguardante i ritmi dei discorsi (a cui fa capo l’ultima immagine).
È veramente bello e soprattutto apre ad un punto di vista “diverso” che considera il ritmo della scrittura (oltre al suo contenuto) un elemento chiave del successo di un discorso e di come coinvolge le masse.
Oggi piu che mai il ritmo è qualcosa che internamente a chi scrive (siano essi libri o copywriting per azienda) andrebbe coltivato e ricercato di più.
Troppo spesso ci accontentiamo di soluzioni improvvisate.
Chissà se il ritmo come lo intende Nancy sia misurabile analiticamente (sarebbe eccezionale).
Divagando un secondo:inizialmente questo blog mi pareva un pò troppo serio (e tuttora lo è).
Ma come (appassionato)scrittore e copywriter non ho fatto altro che continuare ad apprezzare la maggior parte dei contenuti che hai messo.
Quindi nonostante il mio scetticismo: Grazie 😉
Sarei curioso di sapere come va questo blog (visite, follower, etc), perché merita di essere letto.
Se ti va mi piacerebbe molto parlarne in privato, che magari escono fuori spunti interessanti.
Un salutone,
Andrea (scrivere da iPhone è dura!)
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