Oggi, finendo la revisione di un documento, mi stupivo di quanti cambiamenti avevo ancora fatto in quella che credevo ormai un’ultimissima versione.
La verità è che ho stampato il documento ormai impaginato e l’ho riletto ad alta voce. Lo spazio reale in cui le parole dovranno vivere per il lettore rivela sempre qualcosa che il foglio word sul quale hai scritto ti ha tenuto nascosto fino a quel momento
Una colonna di testo stretta impone una sintassi un po’ più semplice. La panoramica globale del documento ti fa tagliare in qualche punto e aggiungere qualche parola in un altro, perché anche l’equilibrio visivo tra sezioni e capoversi contribuisca alla buona impressione generale. Sul documento stampato si coglie meglio anche il “funzionamento” dei sottotitoli, che devono costituire quasi un livello di lettura a sé, con una sua autonomia.
Ormai ho preso l’abitudine di fare a video sia la revisione con la lente di ingrandimento (visualizzazione 100% e oltre) sia quella con il binocolo (visualizzazione 50%) per osservare il documento dall’alto.
Ma quel che vale per la carta, vale ancor più per i testi che saranno letti su uno schermo: le parole che scriviamo appariranno in ambienti e spazi molto diversi da quello vuoto e bianco del foglio word che abbiamo sotto gli occhi. Si restringeranno in colonne sottili, saranno affiancati da immagini, sulla stessa pagina si contenderanno con altri l’attenzione del lettore.
Sul tablet la spazialità cambia ancora. Basta così poco per ingrandire il testo: vediamo meglio le singole parole, ma perdiamo tutto il contesto… uno svantaggio per i testi informativi e di servizio, una goduria per la narrativa (sembra di tuffarsi dentro le parole, come accorciare le distanze tra noi e l’autore).
Per questo mi sto abituando a pensare al foglio bianco sullo schermo – sul pc o sull’ipad – solo come all’officina di lavoro, a uno spazio di passaggio. Si buttano giù i testi, si provano le alternative in modalità revisione, si rifiniscono, ma poi – come per un qualsiasi manufatto, artistico o meno – si deve pensare a come collocarlo al meglio nello spazio e nella luce in cui verrà fruito. E così che nasce l’ultima revisione.
Come sempre… Mitica!!!
E’ consolante, per me che lavoro con le immagini, vedere che anche chi traffica con le parole ha di questi problemi. Del resto, i luoghi e gli spazi che possono accogliere testi e immagini si stanno moltiplicando e il loro potere di imprimere significati (o sminuirli, se non stiamo attenti) è tutto ancora da sperimentare e studiare.
Un post molto interessante, come sempre del resto. Proprio la settimana scorsa stavo valutando come dovremmo ripensare la doc tecnica aziendale se volessimo esportarla in formato ePub sui dispositivi che domineranno il mercato tra poco, i Tablet. Quando sento qualcuno che dice: “Vabbè… prendiamo il doc e lo mettiamo in PDF, poi tanto che differenza c’è? Che ci vuole a fare l’e-book?…”, devo far appello a tutte le mie risorse di autocontrollo per evitare delle “soluzioni definitive” a carico dell’improvvido interlocutore.