Stanotte se ne è andato Ray Bradbury.
Oltre ai più famosi Cronache Marziane e Fahrenheit 451, ha scritto alcuni piacevoli piccoli saggi sulla scrittura e sulla sua vita di scrittore, riuniti in un libretto che si intitola Lo zen nell’arte della scrittura.
Sono andata a riprenderlo nella mia libreria, l’ho spulciato un po’ nostalgicamente e verso la fine ho trovato queste righe, che sono l’essenza del libro:
Adesso, mentre vi ho qui sotto il mio palcoscenico, che parole posso issare, dipinte di rosso a lettere di dieci piedi?
LAVORO.
Questa è la prima.
RILASSAMENTO.
Questa è la seconda. Ed è seguita da due parole conclusive:
NON PENSATE!
Bene, ora, che cos’hanno a che fare queste parole con il buddismo Zen? Che cos’hanno a che fare con la scrittura? Con me? Ma, soprattutto, con voi?
Prima di tutto, guardate a lungo la prima parola, leggermente repellente, LAVORO. È, dopo tutto, la parola intorno alla quale ruoterà la vostra carriera per tutta la vostra vita. Una volta che il vostro lavoro sarà veramente compartecipe della vostra esistenza, questa parola perderà i suoi aspetti repellenti.
…
Se non siete contenti del modo in cui avete scritto finora, potete provare con il mio metodo.
Se lo fate, penso che potrete facilmente trovare una nuova definizione per Lavoro.
E la parola è AMORE.
Amore, senza alcun dubbio.
Una gran bella definizione.
E’ questo il difficile: non cercare di amare il proprio lavoro, ma cercare di far diventare un lavoro ciò che si ama.
in realtà, Bradbury ha detto proprio di cercare di amare il proprio lavoro, renderlo compartecipe della propria vita. E’ un cambio di prospettiva su qualcosa di dato. E’ questo l’aspetto zen.
far diventare un lavoro ciò che si ama è invece la prospettiva occidentale, assertiva. e siccome non sempre è concretamente possibile farlo, ecco che ci condanniamo all’eterna infelicità.
su buddismo e scrittura ho scritto qualcosa:
http://lascrittura.altervista.org/tag/il-buddismo-e-la-scrittura/
magari interessa a qualcuno, secondo me sono due cose che possono stare insieme