Nel controllare la fonte di una citazione mi sono appena imbattuta in un testo che ha più di cento anni, ma mi è sembrato parlasse anche alla sensibilità di noi copy ed editor dell’era digitale.
È la prefazione di Guy de Maupassant al suo romanzo Pierre e Jean, pubblicato nel 1888.
Si possono tradurre e indicare le cose più sottili applicando questo verso di Boileau:
Mostra il potere di una parola messa al posto giusto.
Non c’è affatto bisogno di un vocabolario bizzarro, complicato, affollato ed esotico — quello che oggi va sotto il nome di “scrittura artistica” — per rendere tutte le sfumature del pensiero, ma bisogna distinguere con estrema lucidità tutte le modificazioni che il valore di una parola subisce a seconda del posto che occupa nella frase. Meno nomi, verbi, aggettivi difficili da comprendere, più frasi costruite diversamente, ritagliate con attenzione, piene di sonorità e di ritmi sapienti. Sforziamoci di raggiungere l’eccellenza nello stile piuttosto che diventare collezionisti di termini rari.
Lessico ricco sì, come scrivevo qualche post fa, ma non astruso. E sintassi un po’ più semplice sì, ma anche varia, altrimenti la semplicità si traduce in monotonia.
Ora che dobbiamo incastonare i testi in spazi dati e spesso esigui (newsletter per email, siti, landing page, blog e pagine facebook) le arti sottili dello spostamento di parole, della variazione sintattica, dell’incipit e della chiusa, ci possono tornare molto utili.
Ho sempre adorato i romanzieri francesi di quel periodo.
Secondo me avevano già entrambi i piedi dentro la modernità
Non conosco il romanzo, ma perché ha scritto queste note di stile nella prefazione?
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