Sul Sole 24 Ore di ieri c’era una difesa appassionata dell’ebook da parte di Tim Parks.
Non per le evidenti praticità, ma per la sua capacità di avvicinare al massimo il lettore al dettato dell’autore.
Tolta la carta, la copertina, lo spessore… cosa resta se non l’essenza di un romanzo o di una poesia, cioè le sole parole, messe in un certo ordine?
L’ebook, eliminando tutte le variazioni nell’aspetto e nel peso dell’oggetto che teniamo in mano e scoraggiando qualunque cosa distolga la nostra attenzione da quel punto preciso della sequenza delle parole (la pagina già letta scompare, quella successiva deve ancora apparire), sembrerebbe avvicinarci all’essenza dell’esperienza letteraria più del libro cartaceo. Senza dubbio offre un rapporto più sobrio e diretto con le parole che compaiono davanti a noi di quanto non faccia il libro tradizionale, privandoci della gratificazione feticistica di riempire le pareti di casa con nomi famosi. È come se fossimo stati liberati dai fattori estranei capaci di distrarci dal testo e potessimo concentrarci sul piacere delle parole in sé. In questo senso il transito dal libro cartaceo all’ebook richiama il momento in cui si passa dai libri illustrati dell’infanzia alle pagine in versione adulta, fatta di sole parole. È un mezzo per adulti.
Concordo con Parks nel riconoscere grandi potenzialità all’ebook e nell’accordare una calda accoglienza a questa nuova dimensione della scrittura, ma non riesco ad accettare il suo sottovalutare la natura anche fisica dell’esperienza di lettura cartacea. Quando leggo traggo piacere, senza trarne distrazione, anche dal peso, dall’odore, dal colore, dalla consistenza della pagina o della copertina. Perché rinnegare il feticismo?
Le due esperienze di lettura possono convivere.
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Uhm… L’ebook come quintessenza del libro; la mia libreria digitale come “Iperuranio” dei testi… Mi piace! Certo, però, la libreria colorata quanto è bella dentro ad una casa!
Non avevo letto l’intervento originale, ma concordo anzi rilancio: nella sua forma fluida digitale, il testo perde la guida e la protezione dell’impaginazione tipografica, presentandosi solo e nudo agli occhi e all’attenzione del lettore, in una forma se vogliamo più pura. Temo che le prese di posizione a difesa del libro stampato valorizzino, paradossalmente, il supporto rispetto al contenuto, come se per l’attività di leggere l’oggetto libro fosse più importante del testo.