Sono stata sommersa di lavoro e di impegni da chiudere la scorsa settimana. Ne hanno risentito il blog e anche le mie letture, sulla carta e sugli schermi.
Così ho resistito, e del nuovo Dizionario analogico della lingua italiana di Zanichelli ho ammirato per giorni solo la copertina dove si intrecciano tanti fili colorati. Tutti rossi, ma di diversa sfumatura e consistenza. Sapevo che se avessi aperto a caso tra le 950 pagine ne sarei rimasta piacevolmente prigioniera per un bel po’. Proprio come quando cominci a navigare in rete e ti lasci portare dalle associazioni. E infatti stamattina così è stato.
Sapevo abbastanza vagamente cosa fosse un dizionario analogico, ma non ne ho mai posseduto uno. A dire il vero ero anche un po’ prevenuta, perché detesto i dizionari di sinonimi e contrari almeno quanto amo invece il vecchio Zingarelli e l’Etimologico. Mi sembra sempre che restringano in campo invece di allargarlo e nel tempo ho smesso di consultarli.
Ma in questo Analogico ogni voce è una bella porta da aprire, a sorpresa come le finestrelle dell’Avvento perché non sai bene cosa ci troverai, se non – come scrive l’autrice Donata Feroldi – le parole “che sfuggono, di cui si avverte la mancanza o si presume l’esistenza”.
Se lo Zingarelli lo apri per sapere o conoscere meglio il significato di una parola, questo ti dice invece tutto quello che le è attorno attorno, che evoca, che viene prima nel corso della sua lunghissima storia.
L’ordine delle voci è sempre alfabetico – da àbaco a zuzzerellone –, ma dietro ognuna si accende una stella, si apre una rete. Una stella luminosa e una rete ordinata perché le rubriche ti indicano cosa ci troverai: i sinonimi sì, ma anche i verbi, le caratteristiche, le azioni, gli oggetti, i luoghi, gli strumenti, le curiosità, i modi di dire, i detti e i proverbi legati a quella parola. Da quelli arcaici ai contemporanei.
Se leggere è soprattutto popolare la nostra mente di immagini (leggetevi il delizioso ebook From words to brain di Livia Blackburne!) l’Analogico te la riempie subito di cose. Alcune le riconosci subito perché sono le associazioni cui siamo esposti nella nostra quotidianità di parlanti e scriventi, altre sono più rare, misteriose o sorprendenti, ma sempre fonte di nuove curiosità.
I modi di dire del verbo portare prendono un’intera colonna, da portare i pantaloni a portarsi un segreto nella tomba. E in quanti modi si può portare? In spalla, a spalla, sulla schiena, sulle spalle, sulla groppa, sul groppone, in groppa, a cavalluccio, a braccia, a forza di braccia, in braccio, sottobraccio, sotto il braccio, a tracolla, a bandoliera, ad armacollo, al collo e, se siamo in bici, anche in canna, in sella, sul sellino, nel cestino, sul portapacchi.
Boissière, autore del primo analogico in francese, pubblicato nel 1862, così descriveva l’immensità della lingua:
Una di quelle foreste vergini del Nuovo Mondo, dove l’uomo non osa penetrare, di cui non cerca nemmeno di conoscere le immense ricchezze, perché sa in anticipo che si perderebbe nelle l0ro profondità sconosciute.
Il suo dizionario “per analogie” lo elaborò proprio perché tutti potessero esplorare questa foresta con percorsi facili e guidati, ma non privi di sorprese. E sorprese, nell’Analogico Zanichelli, le riservano anche parole contemporanee quali email, internet, computer, extracomunitario.