Qualche giorno fa il presentation designer israeliano Jan Schultink raccontava di essersi finalmente riconciliato con la musica mentre lavora. Ma non con tutta la musica, solo col jazz.
Poco fa, attraverso Bobulate, sono arrivata a un bellissimo articolo dello scrittore giapponese Haruki Murakami, in cui dichiara di dovere tutto il suo essere, scrittore e persona, al jazz:
Nella musica, come in un romanzo, la cosa essenziale è il ritmo. Le persone continueranno a leggerti se il tuo stile è piacevole, naturale, continuo.
Ho imparato l’importanza del ritmo dalla musica, soprattutto dal jazz.
Poi viene la melodia, che in letteratura è l’ordine più appropriato delle parole per servire il ritmo.
Se le parole servono il ritmo in modo piacevole e fluido, già non puoi desiderare di più.
Ma poi viene l’armonia, i suoni mentali che supportano le parole.
E infine la parte che preferisco: la libera improvvisazione.
Attraverso qualche speciale canale, la storia sgorga liberamente da dentro. Tutto quel che devi fare è seguirne il flusso.
La cosa più importante di tutte è l’altezza che raggiungi quando finisci il lavoro, la tua “esecuzione”, e senti che sei arrivato in un posto nuovo e ricco di senso.
Se tutto va bene, riesci a condividere questa sensazione con i tuoi lettori, il tuo “pubblico”. Un punto di arrivo meraviglioso, che non puoi raggiungere in altro modo.
E conclude:
“Non può esserci nessuna nuova nota – diceva il mio pianista preferito Thelonious Monk – Se guardi la tastiera, tutte le note sono già lì. Ma se dai a una nota un particolare significato, quella nota avrà un suono diverso. E riuscirai a scegliere proprio le note che ti servono.”
Quando scrivo, queste parole mi tornano spesso in mente e penso: “È vero, non c’è nessuna nuova parola. Il nostro compito è dare nuovi significati e sfumature particolari a parole assolutamente normali.” È un pensiero rassicurante. Significa avere di fronte un territorio vasto e sconosciuto, ma fertile, che aspetta solo di essere coltivato.
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