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risali negli anni

5 Settembre 2011

Quando le aziende chiamavano i poeti

A chi è ancora convinto che esistano una scrittura professionale e una scrittura creativa come due mondi separati d’ora in poi darò da leggere la pagina 35 del Sole 24 Ore di ieri. Un sorridente Attilio Bertolucci vi racconta la sua straordinaria avventura di nove anni (1955-1964) come direttore della rivista aziendale dell’Eni, Il Gatto Selvatico.
Una rivista, come gli aveva raccomandato Enrico Mattei, “il più democratica possibile, leggibile, dal Presidente della Repubblica al più lontano dei nostri perforatori, anche fuori d’Italia.”

Bertolucci si preoccupò soprattutto di farvi collaborare bravi scrittori. L’elenco fa impressione:

Giorgio Bassani, Anna Banti, Giuseppe Berto, Ubaldo Bertoli, Attilio Bertolucci, Pietro Bianchi, Italo Calvino, Giorgio Caproni, Vincenzo Cardarelli, Carlo Cassola, Giovanni Comisso, Corrado Corradi, Callisto Cosulich, Giuseppe Dessi, Carlo Emilio Gadda, Alfonso Gatto, Natalia Ginzburg, Raffaele La Capria, Roberto Longhi, Gianna Manzini, Goffre           do Parise, Enrico Pea, Sergio Saviane, Leonardo Sciascia, Enzo Siciliano, Mario Soldati, Giacinto Spagnoletti

Affidò il disegno della testata a Mino Maccari e per sé si riservò l’ultima pagina, dedicata a  un’opera d’arte. Ogni numero un’opera, raccontata a tutti dal Bertolucci storico dell’arte, allievo di Roberto Longhi. Spero proprio che di ultime pagine nell’antologia Viaggio in Italia. Un ritratto del paese nei racconti del “Gatto selvatico” ce ne siano tante. Quella su Modigliani, pubblicata sul Sole di ieri, è un capolavoro di divulgazione artistica.

PS Per gli appassionati di naming: Wildcat, il gatto selvatico, è il pozzo di prova delle trivellazioni petrolifere.

0 risposte a “Quando le aziende chiamavano i poeti”

  1. Cara Luisa, ho sempre pensato che per scrivere in modo creativo bisogna essere molto professionale e conoscere ogni piccolo dettaglio di una lingua. E' ovvio che quando non si ha sicurezza su una lingua è impossibile non scrivere come un bambino, s'impara man mano si approfondiscono le conoscenze su il linguaggio. Mi piace scrivere come mi piace leggere e la pagina 35 del Sole di ieri è una perfetta compagnia. Sara di ortodonzia invisibile.

  2. Probabilmente vado controcorrente nell'affermare che esiste una separazione tra scrittura professionale e scrittura creativa.
    A volte questi due mondi si toccano e si fondono come nel bel caso del "Gatto Selvatico", in cui grandi scrittori pubblicavano le loro poesie e novelle "a tema".
    Sono inoltre convinta che per fare della buona scrittura professionale, oltre ai ferri del mestiere, sia fondamentale possedere una grande dose di creatività e di intraprendenza.
    Malgrado questo però non tutti hanno la fortuna di Attilio Bertolucci: incontrare un illuminato Mattei che concede libertà assoluta nell' impostare una grande rivista aziendale in maniera del tutto innovativa.
    Nella maggior parte dei casi i contenuti tecnici, l'immediatezza e soprattutto i risultati economici di una comunicazione aziendale standardizzata vincono sulla volontà di essere creativi ed innovativi.
    Grazie per la segnalazione, il racconto di Bertolucci resta comunque una delle pagine più affascinanti della storia della comunicazione aziendale che io abbia mai letto!
    Giulia

  3. Ciao Luisa,

    quando si fanno queste distinzioni mi metto sempre un po' sulla difensiva e mi viene sempre in mente la mia professoressa di greco e latino che si arrabbiava da morire quando le chiedevamo se nel compito di greco o latino se potevamo fare una traduzione "libera". Lei ci rispondeva, sempre arrabbiatissima:- Non esiste una traduzione libera o letterale esiste la traduzione!-. Credo che si possa applicare anche alla scrittura: è l'ambito che fa lo scrittore. Se uno è uno scrittore è capace di scrive qualsiasi cosa, e a quel punto duventa una questione di affinità elettive. Magari ci sono scrittori portati più per ambiti professionali e altri portati per il giornalismo. Altri fanno grande letteratura, ma sono tutti artigiani della medesima lingua.

    Federica

  4. @Federica: mi piace molto la definizione di "artigiano della lingua", ma se è vero che un grande scrittore può essere in grado di scrivere qualsiasi cosa (nella storia della letturatura ci sono tanti esempi di scrittori-giornalisti, scrittori-pubblicitari, scrittori-scenneggiatori, etc…), non è sempre vero il contrario. Non so quanti scrittori professionali, capaci di scrivere ottime presentazioni, contenuti web, relazioni e così via sarebbero in grado di "scrivere opere con intento artistico", così come vuole la definizione di scrittore – questo era il senso della distinzione che volevo proporre. Magari quella dello scrittore professionale-artista sarebbe un'altra bella storia da raccontare! 🙂
    Alla prossima!
    Giulia

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