L’obiezione principale all’adozione dei principi di base del Plain Language (il linguaggio semplice e chiaro), nelle amministrazioni pubbliche come nelle aziende, è la perdita di precisione perché gran parte dei costrutti sintattici e del lessico derivano dal linguaggio legale, considerato sempre il massimo della garanzia in fatto di accuratezza.
Eppure proprio un professore di diritto, Alfredo Fioritto, nel suo Manuale di stile dei documenti amministrativi è chiarissimo al riguardo: “In qualunque tipo di testo giuridico, atto amministrativo, legge, contratto o sentenza che sia, le parole del diritto, cioè i concetti necessari ed essenziali del diritto, variano tra il 2,5 e il 4%. Questo vuol dire che in un testo a carattere giuridico su 100 parole soltanto 3 o 4 sono concetti del diritto e corrispondono a locuzioni che non possono essere espresse in altro modo.” Le percentuali sono analoghe nei diversi paesi.
Nell’area anglosassone il problema del linguaggio legale incomprensibile ai normali cittadini comincia a essere affrontato all’origine e ormai si parla di “legal plain language.”
Uno dei paladini è il professor Joseph Kimble, il quale già alcuni anni fa raccoglieva in un corposo documento le “prove” dei costi altissimi del legalese per le amministrazioni e le aziende e della sua incomprensibilità per gli utenti. Il titolo era tutto un programma: Writing for dollars, writing to please.
Deve essere stato convincente, perché ha riscritto il codice di procedura civile degli Stati Uniti e due mesi fa ha ricevuto il prestigioso Burton Awards for the legal achievement.
Writing for dollars, writing to please è un testo interessantissimo per tutti gli scrittori professionali. Dopo un’introduzione cristallina, Kimble fa le pulci a una ventina di testi di amministrazioni e importanti aziende statunitensi e britanniche: li riscrive, quantifica i risparmi economici e i guadagni in comprensibilità. Mi è venuta voglia di prendere anche il suo libro, Lifting the fog of legalese.
Ecco intanto come sfata i principali miti sul Plain Language:
- Scrivere in Plain Language non significa scrivere in modo sciatto. Al contrario, è scrivere in modo chiaro ed efficace. Qualcosa che, al contrario del legalese, ha una lunga tradizione.
- Plain Language e precisione sono complementari, non antagonisti. In tutto il mondo ci sono fior di argomenti complessi scritti in modo semplice, come i documenti per gli investitori della Security and Exchange Commission. Casomai il Plain Language è più chiaro del legalese, perché lascia meno spazio alle ambiguità.
- Il Plain Language non abolisce i termini tecnici, perché quelli realmente necessari sono la minima parte di un documento giuridico.
- Il Plain Language va bel oltre il lessico: coinvolge la progettazione, l’organizzazione, la sintassi. Ha un vero potere trasformativo.
- I testi scritti in Plain Language sono molto più comprensibili di quelli legali e istituzionali.
Tutte le prove in Writing for dollars, writing to please.
Carissima Luisa buonasera,
sto preparando la tesi di laurea sul (tanto per capirci) “Bancarese” , e devo dire la verità che almeno nei confronti degli istituti di credito il Plain language non è stato quasi mai preso in considerazione.So che la domanda che sto per farle è molto generale e dare una risposta precisa è praticamente impossibile, però mi piacerebbe molto conoscere l’opinione di una persona già esperta dell’argomento da anni e competente come lei, in merito al PERCHè le banche si ostinino a mantenere un profilo così altolocato e se secondo lei è così necessario?
La ringrazio molto per l’attenzione concessomi
Caterina