La scorsa settimana ho fatto la mia prima docenza di scrittura a distanza, cosa dalla quale mi ero tenuta finora abbastanza a distanza.
Non tanto per un pregiudizio, ma perché mi conosco.
Con buona pace degli esperti di public speaking, mi sono rassegnata da anni al fatto di essere una disordinata gesticolante. Non me ne cruccio più: per parlare ho bisogno di muovermi, camminare, avvicinarmi alle persone, agganciarle con gli occhi.
Ero quindi preoccupata all’idea di stare sola in una stanza, di fronte a un pc con i testi, e gli allievi lontani, da vedere solo in un quadratino. Però eroanche curiosa.
L’occasione era la migliore per sperimentare: un follow-up con una decina di persone di una grande banca italiana con i quali avevo già fatto una giornata di laboratorio in aula un po’ di mesi fa. Ci conoscevamo dunque.
Loro avevano già fatto i “compiti” e io li avevo rivisti prima. Abbiamo avuto circa tre ore e mezza per discuterne in diretta e modificare i testi con il contributo di tutti.
All’inizio in quella stanza, nella sede di Roma della banca, mi sono sentita molto sola e quasi persa quando ho capito che non li avrei visti nemmeno nel quadratino.
Poi però la bella scoperta di quanto la restrizione dei canali sensoriali favorisca la concentrazione. Tutte cose che sai, che hai studiato, ma che quando sperimenti direttamente hanno un altro gusto.
Senza immagini, se non quelle del testo che si modificava sotto i “nostri” occhi, e le voci che mi arrivavano, sono riuscita a “vedere” ancora meglio e ad accorgermi di dettagli che mi erano sfuggiti, e poi a distinguere le voci anche quando non si ricordavano di dire prima il loro nome.
Sono riuscita ad ascoltare meglio anche la mia, di voce: le ridondanze e le ripetizioni tipiche del parlato mi sono letteralmente saltate all’orecchio e istintivamente ho parlato un po’ più lentamente del solito, per esercitare maggior controllo su quanto andavo dicendo.
La concentrazione ha dato i suoi frutti, perché siamo riusciti a rivedere molti più testi di quanti saremmo riusciti a rivederne in aula, e con un ottimo livello di interattività, un punto sul quale ero molto timorosa.
La lezione per me:
- la formazione a distanza va preparata nei dettagli, sia da parte di chi insegna sia da parte di chi apprende; lo spazio per l’improvvisazione c’è, ma quando il canovaccio è stato studiato nei dettagli
- le persone devono essere motivate, e i miei allievi lo erano, sia perché avevano fatto con cura i compiti assegnati sia perché hanno partecipato con grande vivacità (se non lo sono, non li puoi costringere con gli occhi a seguirti come qualche volta devi fare in aula)
- vedere il testo che si modifica sotto gli occhi non proiettato sullo schermo grande ma sul pc di ciascuno ha aiutato sia me, che senza doverli guardare scrivevo a gran velocità, sia loro che li vedevano a distanza ravvicinata
- tre ore è un buon tempo, ma massimo (nell’ultima mezz’ora mi sono resa conto che il mio eloquio perdeva di fluidità, cosa che in aula mi capita a fine giornata)
- e infine, che bello ricordarsi di quanto è duttile la nostra mente, così pronta ad adattarsi e a trarre il meglio in tutte le circostanze!