È curioso notare come i sentimenti, pur accompagnandoci sempre, siano così difficili da cogliere da sembrare qualcosa di effimero. In genere vi prestiamo attenzione quando si fanno avanti con impellenza, nei momenti, critici, quando è più forte l’esperienza della perdita: durante una separazione, per esempio, o in seguito alla morte di una persona cara. È allora che ci rivolgiamo alla poesia perché ci dica quali sono i nostri sentimenti, per mettere in parole ciò che supera la nostra capacità di articolazione. Inoltre la poesia ha la capacità di conservare il senso di urgenza di tali momenti, permettendoci di riviverli più e più volte: anche quando una poesia è incentrata sulla perdita, il suo scopo è quello di conservare, di trattenere. Vogliamo serbare ciò che sentiamo nel profondo ma in un modo tale da trasformarlo in piacere. Così, paradossalmente, la poesia riesce a comunicare gli eventi tristi in un modo piacevole, armonioso, da ricordare; ci consente di rivivere un’esperienza senza dover per questo riaffrontare gli inconvenienti della situazione originale.
Il numero di persone che scrivono poesie è più alto che mai, e questo nonostante il fatto che le distrazioni che ci allontanano da noi stessi siano oggi molte più numerose e potenti che non in passato. Ma forse è proprio questa la ragione della crescente popolarità della poesia: gli uomini vogliono ricordarsi chi sono, vogliono fare esperienza della loro umanità, ossia della loro capacità di provare sentimenti. La poesia rappresenta quindi una difesa contro la dipendenza anestetizzante dagli slogan e dai cliché che contraddistingue la società, contro la povertà di linguaggio dei nostri politici e dei nostri telegiornali. In ogni epoca, essa offre nuovi modi per dire ciò che ha sempre detto e per ricordarci che, ieri come oggi, siamo sempre esseri umani.
Oggi, sulla Domenica del Sole 24 Ore, c’era un bellissimo articolo del poeta statunitense Mark Strand, Ritrovarsi sull’isola dei poeti. Non ho potuto fare a meno di copiarne un paio di passaggi, per me e per voi.
Ero un po’ delusa del ritorno della Domenica al formato broadsheet/lenzuolone, tanto che ne avevo accumulati tre senza nemmeno aprirli. Ma dal poco che ho letto, mi sembra di aver colto una piccola virata verso un taglio più divulgativo, che non mi dispiace. Sono persino riuscita a leggere per intero l’articolo di apertura su Newton, anche se continuo a preferire i formati piccoli, quelli da infilare nello zaino e tirare fuori quando c’è da aspettare.
Che post piacevole. Spiega l'esistenza di molti blog personali, anche quelli sdolcinati pieni di frasi con puntini di sospensione e frasette da bimbominkia.
Davide
🙂
penso che il numero di persone che scrivono poesia è, ad oggi, più elevato perchè vivere è più difficile….sicuramente siamo noi stessi che facciamo diventare le cose più difficili…..la poesia aiuta, almeno, a dare un piccolo ordine ai nostri pensieri non sempre logici!!!
Roberta, di finanziamenti e prestiti INPDAP