Amo molto viaggiare in treno ma come tutti sono ormai rassegnata al fatto di ricevere le informazioni in un linguaggio assurdo, fatto di “termine corsa del treno”, “servizi di controlleria”, “prodotti di caffetteria”, “effetti personali”, “benvenuti a bordo dei propri treni”.
Ero però convinta che si trattasse di tipico vizio italico e a ogni tirata del capotreno dall’altoparlante gracchiante mi ritrovavo anche io a sospirare: “L’inglese sì che è più asciutto… dicono le stesse cose con metà delle parole, e tutte più semplici!” Manco per niente, almeno sui treni.
La railspeak sembra essere anche peggio della nostra, tanto che questa settimana se ne occupa la seguitissima rubrica Mind the language del Guardian: “Un linguaggio con sintassi e vocabolario assolutamente unici, caratterizzato dall’uso obbligatorio dei verbi ausiliari (“we do apologise”), lo sfoggio casuale di aggettivi ridondanti (“station stop”, “personal belongings”) e la scelta di preposizioni inappropriate (“journey time into London Paddington is approximately 25 minutes”).
I viaggi, anche in Gran Bretagna, non “finiscono” ma “terminano” e gli iPod sono chiamati … “personal stereo”.
Aggiornamento 29 giugno proprio del linguaggio di treni e stazioni si occupa oggi Yvonne Bindi su Apogeonline: L’information overload sui treni, il più è meno.