Che cosa hanno in comune un’anziana signora che vive nella periferia di una provincia della Corea del Sud e un giornalista italiano famoso e cosmopolita?
Prima di tutto li ho incontrati entrambi nel giro delle ultime ventiquattro ore. Poi hanno la stessa età: sessantasei anni. Ma soprattutto sono messi duramente alla prova dalla vita ed entrambi decidono di vivere il tempo che resta cercando la pace e l’armonia con sé stessi e lasciando qualcosa di buono alle persone che restano.
La signora coreana è la protagonista di Poetry, uno dei film più delicati che abbia mai visto. Vive in una casa piccolissima con lo scapestrato nipote adolescente, sempre attaccato al cellulare e ai videogiochi, e fa la badante per arrotondare la pensione statale. Ma è sempre elegantissima e sorridente con tutti, pronta a stupirsi per il profumo di un fiore e a commuoversi di fronte a un bel paesaggio. Le prove arrivano tutte insieme: una diagnosi di Alzeheimer e un tremendo guaio in cui si caccia il nipote. È la sua natura poetica a indicarle la strada e la scoperta di una vocazione tardiva ma potente: “Mi piacciono i fiori e dico cose strane”. Così si iscrive a un corso di poesia e la ricerca della bellezza nella vita quotidiana l’aiuta a prendere decisioni difficili, che le permettono di congedarsi in pace.
Il giornalista famoso lo conoscevo già molto bene, come tanti di noi. Non conoscevo però le sue foto e i suoi disegni, in mostra a Roma allo Spazio Fandango.
Terzani ha sempre girato il mondo con la macchina fotografica al collo, oltre che con il taccuino in tasca. Dal Vietnam all’Himalaya, attraverso la Cina, l’India e il Giappone, ci sono tutte le tappe della sua vita.
Lo sguardo sulla quotidianità e le persone dei luoghi che ha attraversato mi è sembrato della stessa pasta di quello della signora coreana: osservare per non assuefarsi ma continuare a meravigliarsi. Le foto dei minuscoli bambini del Mustang di fronte all’immensità della catena himalayana mi sono sembrati il simbolo di questa meraviglia.
E anche Terzani arriva alle stesse conclusioni: è la poesia che salva il mondo, anzi lui il mondo lo avrebbe affidato a una “congiura di poeti”, gli unici capaci di volare alto e pensare in grande al futuro dell’umanità.
Lo credo anch'io, Luisa. Grazie delle tue riflessioni.
Annalisa
non vedo l'ora di vedere Poetry.
Grazie per queste briciole di poesia, per iniziare la settimana ridimensionando il resto. Antonella