Questa settimana Internazionale traduce un articolo uscito qualche giorno fa su The Atlantic: Google Doesn’t Laugh: Saving Witty Headlines in the Age of SEO.
Lo traduce con un titolo che più SEO-oriented non si può, Questo articolo spiega perché i titoli su internet sono noiosi. Esagerato, ma esemplifica bene il destino che molti paventano per i titoli, da sempre ingrediente essenziale del buon giornalismo.
Titoli totalmente informativi ed espliciti, con parole chiave e nomi propri per incontrare il favore di Google che notoriamente non ride, o titoli ironici, misteriosi, capaci di incuriosire il lettore e strappargli un sorriso?
Va da sé che conciliare le due cose rimane l’obiettivo più ambito.
Molti del SEO se ne infischiano, come il direttore di Slate David Plotz: “Non si tratta di avere più lettori, ma di avere quelli migliori. Se scrivi un titolo brillante i più affezionati si sentiranno vicini al tipo di ironia che hai usato, e questo rafforzerà il vostro legame.”
Altri strizzano l’occhio sia al lettore sia al motore giocando abilmente con titoli, sommari e occhielli. È il caso delle due autorevolissime testate britanniche The Economist e The Guardian, che devono le loro più recenti fortune (sono tra le poche che anche nelle versioni cartacee avanzano e non arretrano) proprio a una sapiente integrazione tra carta e web.
Il settimanale più letto dalle élite economiche di tutto il mondo si permette giochi di parole raffinati per gli articoli più seri:
To cosset or to cull? Uccidere o coccolare?
ma seguono sempre sommarietti precisi e informativi:
Cacciati di frodo in Africa centrale e orientale, gli elefanti proliferano al sud.
Oppure:
Immagina di star bene
Le medicine alternative funzionano raramente. Ma funziona l’effetto placebo che provocano.
A volte diventano una filastrocca:
Don’t bully Boeing, Barack
(non maltrattare Boeing, Barack)
ma il sommario spiega tutto, anzi continua a rivolgersi direttamente al presidente:
Vuoi dimostrare di essere dalla parte delle imprese? Allora condanna la denuncia di alcuni pazzi di sinistra nei confronti del maggiore esportatore americano.
A volte il titolo misterioso si trova come il ripieno di un sandwich tra occhiello e sommario:
Proibire la circoncisione
Contro il taglio
Il movimento “intattivista” si oppone alla più antica operazione chirurgica che l’uomo conosca.
The Guardian si muove tra titoli completamente google-friendly:
In vendita manoscritto di Jane Austin
Netanyahu e Obama ancora lontani
e titoli misteriosissimi:
Grazie per la visita, ma abbiamo bisogno d’aiuto
ma nel sommario c’è tutto, dal nome del giornalista alla notizia, alla spiegazione del titolo:
Da ragazzo Colm Toíbín ha assistito alla visita di JFK in Irlanda. Questa settimana incontra la regina, e anche Obama sta per arrivare. Questi ospiti sono fantastici, ma l’economia è ancora un disastro.
Chissà, forse una strada è proprio quella di non lavorare su un solo livello di titolo ma sull’intero apparato di titolazione.
La raccomandazione a corredare sempre un titolo con un sottotitolo era già nella famosa ricerca Eyetrack III del 2004. Allora soprattutto per portare il lettore verso il corpo del testo. Oggi anche per gratificare sia il lettore sia il motore.
che bell'articolo, proprio interessante.
Si, forse lavorare su più livelli (proprio come nella grafica xD) è la soluzione migliore.
Ti seguo sempre con piacere.
Davide
Cara Luisa, da tempo penso questo ma è così difficile far capire che la qualità della scrittura, come in tutto, paga sempre.
Anto
Ciao,
Sono d’accordo al 100% con “utente anonimo”..la qualità prima di tutto!!
..Io lavorerei su tutta la titolazione.. 😉