Tamara de Lempicka, la pittrice simbolo dell’Art Deco, era quel che oggi si definirebbe una tosta.
Nata in Polonia, si ritrovò giovanissima nel bel mezzo della rivoluzione russa, ma a San Pietroburgo riuscì a prendere le sue prime lezioni di pittura e a scappare a Parigi. Lì evitò come poté i geniali bohemien: preferì l’alta società che da subito amò e comprò i suoi quadri.
Quando le cose in Europa volsero al peggio si trasferì negli Stati Uniti, dove i grattacieli la incantarono. Mentre infuriava la guerra lei se ne stava a Beverly Hills, tra miliardari e star di Hollywood.
Ebbe un rapporto speciale con il nostro paese. Fin da piccola fu folgorata dai manieristi fiorentini, che studiò per tutta la vita: con i suoi ritratti metallici è il Bronzino della Parigi degli anni venti e trenta, i colori acidi e dissonanti arrivano dritti dritti da Andrea del Sarto e Pontormo. Tenne a Milano la sua prima mostra personale e passò una settimana a Gardone corteggiando Gabriele d’Annunzio perché si decidesse a farsi ritrarre.
Amò con passione sia uomini che donne, ma ritrasse soprattutto lei, la donna moderna. Nuda o avvolta da vestitini avvitati, in tenuta da tennis, sugli sci, al volante, con il basco in testa, le labbra vermiglie, gli occhi bistrati, le unghie laccate. Forte, determinata, con lo sguardo lontano, oltre noi che la guardiamo dal basso. Monumentale, spigolosa, metallica e senza fronzoli, proprio come il geometrico studio di Tamara, in cui l’unico elemento naturale era l’immancabile vaso di calle bianche.
Eppure, nella mostra che le dedica a Roma il museo del Vittoriano, tra tante guerriere appare all’improvviso una donna senza corazza, incappottata e fragile.
È l’amatissima amica Ira con la “sua tristezza”, come ci dice il titolo. Ed è come uno squarcio che si apre a farci intravedere l’anima profonda di Tamara, al di là delle pose, dei Salon, della mondanità.
Ira non ha le spalle larghe e il torace trionfante delle altre donne ritratte da Tamara. Il suo corpo sparisce nel cappotto informe, nero come i rami dell’albero spoglio. E non le fanno da sfondo le prue dei piroscafi o le punte svettanti dei grattacieli, ma un paese che crolla su se stesso. Come il suo cuore, forse.
Questo strano quadro ha avuto anche uno strano destino. Dato per perduto per più di ottant’anni è stato ritrovato solo alla vigilia della mostra.
Deve essere bellissimo vedere una mostra con te. Beato chi lo fa…
emozionante questo post
io sto pubblicando con vise, un 'argomento simile bella casa editrice , ottima pubblicità a presto.
Anche io mi prenoterei per una visita guidata a mostre e musei con Luisa come cicerone.
Grazie Luisa per la curiosità frizzante che sai suggerire
Saluti sardi
Miriam