Il portale della Treccani dedica il suo nuovo Glossogramma al linguaggio bellico, mentre la mia amica Alessia Rapone mi manda il suo personale memo per non usare le parole della guerra nel suo lavoro quotidiano di comunicatrice in una grande azienda.
Non più guerre. Il linguaggio della comunicazione
- Cosa comunicare non è sempre una strategia, peggio ancora una tattica.
- Come comunicare e quando non è sempre un piano.
- Le persone non sono solo un target, ma persone, appunto.
- A loro non daremo battaglia e loro da noi non dovranno difendersi.
- I competitor sono i concorrenti sul mercato, non i nemici.
- Non faremo una comunicazione “accattivante” perché non vogliamo fare prigionieri ma ci confrontiamo con uomini e donne libere.
- Seguiremo più probabilmente una missione che una mission. Non faremo delle manovre e non addestreremo nessuno: compiremo delle azioni, come tutti, e insegneremo delle cose, come alcuni.
- Per le nostre campagne non ci ispiriamo a Waterloo, sarebbe una disfatta. E se non funzionano o vanno male dobbiamo disfarle noi, rifarle, cominciare da un’altra parte. Questo non significa abbandonare il campo o essere perdenti ma ammettere l’errore.
- Un processo si crea, si elabora, si gestisce e ha un responsabile, non si presidia.
- Nessuna risorsa è ingovernabile, perché ogni persona ha un nome e il governo… be’, andrebbe lasciato a chi ci sa fare.
- L’obiettivo è il fine immediato di un’azione. Ogni tanto ricordiamocene e parliamo anche di scopo, fine, meta, parole col gusto di andare oltre, che sanno perfino di eternità.
Tutte queste non sono “regole”, “regolamenti” o “policy” che dir si voglia, ma consigli, suggerimenti, riflessioni non per “invertire la rotta” ma semplicemente per cambiare, se c’è bisogno, e riscoprire un linguaggio meno militare e più vicino a sensibilità diffuse, addirittura innovativo. Proviamoci, a volere la pace.
beh nel punto 8 io avrei messo in rosso anche
Questo non significa abbandonare il campo o essere perdenti
Bello! Non ci avevo mai pensato. Ci starò attenta… 🙂
Molto bello! Lavoro, fra le altre, per un'azienda che ama molto questo lessico "militaresco" , e purtroppo mi viene spontaneo allinearmi, in automatico, quando sono io a scrivere testi per loro. Terrò a mente questo post, grazie.
Miriam
Periodicamente dove lavoro, per gestire dei momenti critici, viene organizzata una War Room…
Grazie, questo post mi consola molto.
Lavoro nel turismo e non ho mai sopportato tutti quegli "hotel in prima linea sul mare" 🙁
Donatella
Ho lavorato per vari anni in un'agenzia di comunicazione dove le "strategie", le "mission" e i "piani" erano all'ordine del giorno. Ora che lavoro autonomamente ho potuto liberarmene – senza per forza dichiarar loro guerra! 😉
Le parole sono importanti!