Nella comunicazione di impresa, soprattutto quella di marketing, gli aggettivi sono una questione abbastanza spinosa.
In primo luogo perché la tendenza è quella di metterne troppi: perché rinunciare ad aggiungerne uno o due, almeno per arrivare al fatidico numero tre?
Un prodotto informatico non può che essere (almeno) flessibile, integrato e friendly.
Un servizio (qualsiasi) è (altamente) professionale, affidabile, tempestivo.
Uno stracchino morbido, gustoso e leggero.
Un bagnoschiuma delicato, profumato e rigenerante.
Poi ci sono aggettivi che viaggiano incollati a determinati sostantivi:
stimolante prefazione
prezioso suggerimento
suggestiva veduta
fattiva collaborazione
attiva partecipazione
significativa importanza
ambizioso obiettivo
eventuali ulteriori chiarimenti
opportuno approfondimento
esemplare comportamento
istruzioni operative
Il messaggio che implicitamente mandano è di brochureware o marketese, comunque di qualcosa di standard e scontato.
Non voglio dire che in brochure e siti web si debba ricorrere ad accostamenti inediti e detonatori, ma ci sono tanti altri modi per far risaltare il sostantivo.
In moltissimi casi l’aggettivo non serve proprio: la suggestiva veduta può essere descritta, la prefazione può aver suscitato una domanda, una suggestione, un pensiero (seguono domanda, suggestione pensiero), la collaborazione se non è fattiva come è… pigra? e la partecipazione forse passiva? e i chiarimenti della rituale formula alla fine di una lettera come mai saranno se non eventuali e ulteriori?
Ma c’è un’altra questione che mi ha sempre tormentata: la tendenza ad anteporre l’aggettivo al sostantivo con l’intenzione di esprimersi attraverso un registro più formale e professionale:
Abbiamo esaminato la sua richiesta e ci riserviamo di svolgere opportuni approfondimenti.
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Nonostante le avverse condizioni del mercato, nel 2010 l’azienda ha conseguito importanti e ambiziosi obiettivi.
Il seminario è stato condotto sotto l’esperta guida del professor Pinco Pallo.
A me viene spesso spontaneo fare un po’ di spostamenti, soprattutto quando il modello si ripete spesso, e mi lascio guidare soprattutto dal suono.
Ho sempre la sensazione che in molti casi posporre l’aggettivo al sostantivo avvicini al ritmo della lingua parlata e renda l’espressione più fresca e immediata.
Come tutti, per aggettivi e sostantivi, vado soprattutto a orecchio e le regole non le so. Per questo mi è piaciuto e ho sottolineato molto il capitolo di Italiano di Massimo Birattari dedicato a questo tema (caso più unico che raro di grammatica “raccontata” che si può sia consultare alla bisogna, sia leggere tutta di seguito e con gusto come sto facendo ora).
Eccezioni a parte, l’aggettivo qualificativo – spiega Birattari – segue il nome se ha valore distintivo e trasmette un’informazione necessaria, che non può essere soppressa senza pregiudicare il significato della frase; precede il nome se ha valore descrittivo e fornisce un’informazione non indispensabile.
Ma “grazie alla libertà concessa dall’italiano, la scelta della collocazione dell’aggettivo è anche una questione di orecchio, di fluidità espressiva, di ritmo, e dunque di stile”. E qui sta il bello.
nella mia modesta opinione per la comunicazione di impresa valgono le stesse regole che esistono per la comunicazione giornalistica. infondo non e' mai una lettura di svago ma quasi sempre una comunicazione di servizio. E lo e' ancora di piu' del giornalismo. poiche' nel caso di un giornale uno sceglie di informarsi e quindi di leggerlo mentre nel caso a me serva per esempio trovare dei tubi che servano al mio scopo non scelgo di cercarli, devo cercarli, non so se mi spiego. 😉
Ergo ne consegue che il destinatario legge perche' deve decidere e l'obiettivo dell'impresa e' che decida di rivolgersi a lei.
quindi l'imperativo e' che il destinatario continui a leggere e possibilmente decidere per quell'impresa e non per quell'altra.
una comunicazione troppo pomposa e faticosa e rindondante rischia di annoiare il lettore piu' che dargli le informazioni che cerca.
inserisco il libro nella mia wishlist…
Sto leggendo anch'io l'opera di Massimo Birattari: ora «so di non sapere nulla».
Gianni
Sì, i due libri di Birattari sono veramente belli.
A me hanno insegnato tante cose, li consiglio a tutti.
Luisa
lo sto leggendo anch'io in questo periodo 🙂
mi vergogno di non aver letto ancora niente di Birattari…il prossimo mese provvedo! sono ancora impegnato a leggere (e studiare) Annamaria Testa…
grazie cm sempre x i preziosissimi consigli 🙂
Condivido una certa avversione agli aggettivi anteposti ai sostantivi, in parte credo dovuta anche all'influenza dell'inglese, molto evidente nei testi tradotti (il mio esempio preferito: la differenza tra innovative funzioni e funzioni innovative).
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