Il sottotitolo di Il testo digitale di Alessandra Anichini potrebbe fuorviare qualche aspirante lettore.
“Leggere e scrivere nell’epoca dei nuovi media” occupa una piccola percentuale delle quasi duecento pagine. Nelle altre l’autrice ci conduce alla soglia del libro digitale, ma lo fa molto bene.
Anzi, l’interesse del libro sta proprio in questo lungo e appassionante viaggio intorno al testo a partire da epoche lontane, quando la scrittura ancora non esisteva. “Testo” inteso non solo come parole scritte una dopo l’altra ma come “discorso”, fatto anche di immagini.
Alla fine Alessandra Anichini ci porta là dove voleva: a renderci conto che l’oggetto libro e la lettura sequenziale da cui fatichiamo tanto a staccarci sono con noi solo da seicento anni e che l’umanità ha conosciuto tante altre modalità di leggere e scrivere. Un po’ come tornare nel flusso di una storia più grande e riscoprire altre dimensioni al di là dei limiti fisici del libro:
Forse la digitalizzazione dei testi potrebbe decretare definitivamente la fine dell’idea del testo come corrispettivo di un libro, come oggetto, per restituirla a una primitiva concezione delle parole come strumento puro di rappresentazione di un senso.
Belli i racconti su come i copisti medievali prendevano appunti o scrivevano all’interno di mappe e schemi visivi, sulcosa era la “pubblicazione” nella Grecia classica (qualcosa di molto vicino a un blog su un libro che sta per uscire), sulle paperole che documentano le diverse stesure della Recherche, sulle letture collettive ben prima del Web 2.0, sui libri pop-up per bambini progenitori del magic text di oggi.
Incontriamo anche un buon numero di persone interessanti: Cicerone, Marinetti, Gadda, Calvino, Don Milani e quello straordinario antesignano dell’editing che è stato Ugo da San Vittore già intorno al Mille.
L’autrice lavora nel mondo della scuola e della formazione e molte riflessioni sono dedicate al futuro dei libri di testo. La sua conclusione suona soprattutto come un punto di ripartenza:
Sarebbe necessario aggiungere qualcosa a quello che il libro è stato fino a oggi, e questo qualcosa non è detto che sia necessariamente ed esclusivamente una ricchezza di tipo multimediale. Forse la specificità dei nuovi testi sta in una complessità espressiva che ancora non siamo riusciti nemmeno a immaginare, forse i contenuti didattici digitali di qualità devono ancora essere scritti.
[…] Chi ha pensato che i nuovi testi della didattica dovessero semplicemente ‘semplificare’ i percorsi di studio ha commesso, a mio avviso, un grave errore, se è vero che lo studio consiste soprattutto e in primo luogo in una “fatica” intellettuale, in uno sforzo tanto gratificante quanto proficuo per la mente di chi apprende. Chi ha sostenuto che la multimedialità intesa come possibilità di unire a un testo scritto la sua rappresentazione grafica e la sua recitazione sonora potesse favorire l’apprendimento ha equivocato su un punto fondamentale: semplificazione e banalizzazione sono cose assai diverse, ma che facilmente si confondono e un’informazione troppo ricca (soprattutto se solo di sintagmi) può risultare poco appassionante o immediatamente più appetibile.
[…] All’intelligenza umana piace il mistero o almeno giungere a una verità svelandola poco a poco, riempire di supposizioni, ipotesi, i vuoti lasciati da dati incompleti, da dettagli rimasti in sospeso. Credo che un buon insegnante debba essere un po’ come uno scrittore di gialli e credo che un buon testo per la scuola debba saper trasformare in un esperto di indagini chi studia sulle sue pagine, siano esse di carta o maggior ragione digitali. la scommessa dei nuovi testi, quindi, sta ancora una volta nella parola progettazione, nell’immaginare una testualità apparentemente incompleta, o almeno segnata da quei vuoti necessari all’allenamento dell’intelligenza.
Il libro era già nella mia lista di future letture.
Nel frattempo, casualmente, o almeno senza intenzione diretta, proprio stamattina ho pubblicato un post dove abbozzo una storia un po' diversa della linearità della scrittura.
Ciao
db
Ringrazio Luisa per questa lusinghiera e bellissima recensione.
Alessandra Anichini
Daniele,
gli sguardi (per fortuna) sono diversi, la storia è la stessa.
Alessandra,
non ci conosciamo e quindi le mie parole sono disinteressate e sincere.
Il tuo libro è bello, perché a volte siamo fin troppo concentrati sul presente e il futuro. Il tuo racconto li illumina e li rimette in prospettiva.
E poi ho imparato un sacco di cose che non sapevo 😉
Luisa