Tra multitasking, navigazione incessante, rumori di fondo e dispute infinite su come tutte queste cose incidono sulla nostra capacità di pensare, leggere, scrivere, approfondire, produrre qualcosa di originale, un’indicazione ci viene ora dalla scienza.
Concentrarci serve anche a essere felici, come ci racconta oggi il Guardian a partire da uno studio dell’università di Harvard pubblicato sull’ultimo numero di Science.
Per tutti, a tutte le latitudini, la vera felicità sta nel vivere pienamente il momento presente, senza rimuginare sul passato, senza anticipare il futuro, senza sognare ad occhi aperti, nemmeno sogni bellissimi.Vivere il momento presente significa concentrarsi totalmente su di esso, come se nessun altra cosa esistesse. Nemmeno i risultati di quello che con tanto impegno stiamo facendo.
Concentrarsi: sempre più difficile.
Io ho sempre considerato momenti di grazia quelli in cui scrivo per dare forma a un pensiero – anche quotidiano e passeggero come quello di un post –. Vai avanti senza badare ad altro finché quella forma non ti soddisfa.
Oggi, lo confesso, quei momenti sono più rari, perché la scrittura è intessuta di lettura e navigazione, che la alimentano ma la interrompono anche di continuo.
Ma non appartengo alla schiera di chi se ne lamenta, anzi. Ricevere spunti, che illuminano quello che stai scrivendo e magari ti fanno cambiare direzione, lo considero una ricchezza, non un impoverimento.
Però è una cosa che noto sempre più spesso e che mi impegno ad osservare nella pratica quotidiana.
I social media non solo ti fanno dialogare con gli altri, ma ti fanno dialogare di più anche al tuo interno, man man mano che le voci dalla rete arrivano, uno dietro l’altra, spesso affastellate.
Sarà per questo, forse, che i momenti di concentrazione pura, quelli senza alcuna voce, me li vado a cercare sempre più spesso sul tappetino yoga. Lì tutto è solo respiro e presente, dal tallone che affonda nella terra alla sommità del capo che guarda verso il cielo (o viceversa), e l’unica cosa che devi fare è tendere verso un equilibrio che puoi raggiungere solo se ti concentri e ti scordi di tutto il resto.
Il saggio Patanjali, che più o meno duemila anni fa ha sistematizzato l’arte dello yoga, lo scrive in apertura dei suoi Yoga Sutra: lo yoga è la cessazione del turbinìo dei pensieri.
Impegnarsi a ricercare ogni giorno questa quiete non è la felicità, ma un modo di allenarsi a riconoscerla e ad apprezzarla.
Per chi scrive, poi, Patanjali è un doppio nume tutelare: è infatti anche l’autore della più importante codificazione della grammatica del sanscrito, il progenitore delle nostre lingue europee.
Molti inaugurano la loro pratica yogica ringraziando Patanjali “per la serenità e la santità della mente attraverso lo yoga, e la chiarezza e purezza della lingua attraverso la grammatica”.
Tutte le mattina, quando trovo quei minuti di tempo preziosi per la mia pratica, mi accorgo di quanto sia volatile e volubile il mio pensiero e inesistente la mia concentrazione nelle cose che faccio tutto i giorni.
Solo lì sul tappettino arriva quella presenza precisa, che non lascia spazio ad altro. In quel momento mi rendo conto che tutto il resto del tempo, del mio tempo, è gestito da altri ritmi, altri tempi, per i quali troppo spesso non ho un attivo ruolo decisionale.
Ho molto apprezzato la tua citazione di Terzani di inizio settimana.
Ti seguo con piacere.
a presto
LaFra
Salve Luisa, mi chiamo Carlo D'Angiò.
Avrei bisogno di scriverle in privato. Mi chiedevo se era possibile.
Mi perdoni, ma non ho trovato un modo per farlo.
Grazie.
Certo, Carlo.
L'indirizzo email è qui: http://www.mestierediscrivere.com/index.php/scrivi/
Luisa
Che difficile non andare vorticosamente avanti e indietro nel tempo con la popria testa! Comunque mi piacerebbe davvero vivere come questo studio suggerisce. Ci credo davvero che le migliori idee, o semplicemente la felicità, derivi dal momento presente. E stop.
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