“La lettura libresca ‘classica’ degli ultimi 450 anni non è che uno dei parecchi modi di usare l’alfabeto.” Lo scrittore austriaco Ivan Illic inizia da qui il suo viaggio nella storia della tecnologia della lettura, che nel 1991 diventa un volume profetico (In the vineyard of the text, tradotto e pubblicato in Italia da Raffaello Cortina editore).
Internet era davvero un nuovo medium. Ma Illic già scriveva: “Oggi il libro non è più la metafora fondamentale dell’epoca; il suo posto è stato preso dallo schermo. (…) E’ il momento ideale per coltivare una molteplicità di approcci alla pagina che sotto il monopolio della lettura scolastica non hanno potuto fiorire”. Come accade ai visionari, Illic guardava nella direzione giusta: In anticipo.
Il libro progettato intorno all’intuizione di Gutenberg è solo un modo fra i tanti di interazione di interazione con la pagina scritta. Un modo efficace – il più efficace – per molti aspetti. Inadatto per altri. Uno fra tutti: a causa di limiti tecnici, l’avvento della stampa ha esasperato la contrapposizione tra testo e immagine. Eliminando numerose forme di scrittura che, fin dalle origini, utilizzavano un diverso rapporto tra i segni, e la loro posizione all’interno della pagina, per codificare un messaggio. E questi limiti hanno influenzato anche la genesi dei giornali e, per riflessi culturali e nuovi limiti tecnici, delle loro evoluzioni digitali: i siti web. I supporti per la lettura emergenti, a cominciare dall’iPad, offrono ora l’opportunità di recuperare queste forme di scrittura perse nel tempo. E di inserirle in nuove pratiche di comunicazione.
Inizia così l’articolo Riscrivere la lettura, di Antonio C. Larizza, su Nòva del Sole 24 di oggi.
Larizza non ha torto (e proprio quel libro di Illich è tra i miei preferiti, e non solo sul tema della scrittura), però la rivoluzione di cui parla è già in atto da un pezzo, e l'Ipad non farà che permettere l'accentuazione di una tendenza che la stampa non ha affatto chiuso, ma solo rallentato.
Sto proprio ora leggendo un bel libro di Andrea Catellani (Lo sguardo e la parola. Saggio di analisi della letteratura spirituale illustrata, Franco Cesati Ed.) che mostra come i gesuiti utilizzassero già tra Cinque e Seicento modalità didattiche ed esplicative basate su una forte interazione tra parola e immagine. Oggi la chiameremmo forse infografica.
(E poi tra due mesi esce anche il mio libro, che non si occupa di Ipad, ma ha lo stesso titolo del mio blog, e puoi immaginare di che cosa parla).
Ciao
db
That’s a shrewd answer to a tricky quieostn
Bellissima la doppia pagina di Nòva, e molto buono l'articolo qui citato. Oltre ai punti di continuità bisognerebbe però analizzare anche i punti di frattura tra i due medium…
Il libro illustrato premoderno [d'ora in poi: Lip] compariva in un regime di scarsità (quando non era unico), i testi "illuminati" su iPad [d'ora in poi: Tisi] saranno una frazione degli "oggetti" fruibili sulla tavoletta.
I Lip eano destinati a pochi, selezionati e preparatissimi lettori, i Tisi a infiniti lettori anonimi.
I Lip erano pensati per durare in eterno, buona parte dei Tisi saranno pensati, prodotti e consumati in tempi brevissimi e per durare tempi brevissimi [ci crediamo davvero all'aggiornamento perenne dei testi giornalistici elettronici?].
I Lip erano molto spesso supporti per la meditazione, non so se ciò si potrà dire per i Tisi!
Insomma, anche se esiste una certa aria di famiglia, lo Zeitgeist attuale è troppo particolare per pensare a una semplice riprsa di una tradizione premoderna interrotta!
[…] paio di post fa segnalavo l’articolo Riscrivere la lettura di Antonio Larizza su Nòva del Sole 24 Ore. A Daniele Barbieri l’articolo ha ispirato un […]