Dizionari, le parole in ordine è un bel dossier nella sezione Lingua Italiana sul sito della Treccani.
A scuola i dizionari li ho usati per dovere, forse perché li identificavo con le versioni di greco e di latino, che non ho mai amato e che mi mettevano addosso un’ansia terribile.
Ho cominciato a provarci gusto quando mi sono messa a studiare seriamente le lingue (quelle moderne) e attingevo dal dizionario per ricopiare a mano le definizioni delle parole nuove su quaderni-rubrica con le pagine divise per lettere. Se oggi ho ancora un vocabolario ricco in almeno tre lingue straniere lo devo soprattutto a quel lavoro di amanuense. Quello che incidi con la mano lo incidi anche nella memoria.
Negli anni di dizionari ne ho comprati tanti: monolingue, bilingue, falsi amici, sinonimi e contrari. Anche di lingue che ho solo lambito, come il portoghese, il sanscrito, il napoletano.
Da due lunghi scaffali di una libreria tonda mi guardano tutti come il pubblico a teatro.
In realtà, ne uso due soli, ma intensamente e quotidianamente: lo Zingarelli e l’Etimologico della lingua italiana, entrambi della Zanichelli.
Per l’inglese, clicco sul Merriam.
Sai che la mia professoressa di inglese del liceo utilizzava esattamente questo metodo per farci arricchire il vocabolario?Ognuno di noi doveva trascrivere su una grande rubrica formato A4 tutte le parole nuove incontrate e ripassarle continuamente: durante l'interrogazione la professoressa dedicava qualche minuto a verificare la conoscenza delle parole appuntate.Non era una banalità: nel corso degli anni la rubrica diventava un grande tomo, pieno di migliaia di parole trascritte personalmente, con la traduzione ugualmente personale; mi ricordo di averle anche contate una volta, per avere un po' il metro dei termini inglesi che conosco, ed erano migliaia. Vittoria