Palazzo Altemps è tra i musei più recenti di Roma e una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano.
Lo Stato ha ricomprato da privati il palazzo cinquecentesco, lo ha magnificamente restaurato, vi ha riunito quanto rimane di almeno tre tra le maggiori collezioni di sculture antiche delle grandi famiglie romane tra quattrocento e settecento.
Ci sono le copie romane di alcune tra le più famose sculture greche, più un capolavoro della Grecia del V secolo a.C. come il trono Ludovisi, con Afrodite che emerge dalla spuma del mare.
Si entra da una porticina accanto a piazza Navona e il cortile a tre piani con le logge affrescate, aperto sul cielo, è già da solo una vista mozzafiato.
Infatti ieri mattina, noi pochi visitatori eravamo silenziosi, sopraffatti dalla sorpresa.
C’era una signora che per tre ore ha riempito di acquarelli il suo taccuino, un’intera classe di studenti americani che ha fatto lezione in cortile, più alcuni adulti sciolti. Insomma, una cosa per pochi in una Roma invasa dai turisti.
Eppure si tratta di uno dei più bei palazzi rinascimentali romani. Il posto ideale, pensavo, per far fare ai bambini la conoscenza degli dei dell’Olimpo o per raccontare a tutti un pezzo importante della storia della scultura.
Il posto ideale in un paese normale.
La mia bella mattinata a Palazzo Altemps è stata costellata dai sintomi della malattia del nostro paese.
Il gentilissimo giovanotto che mi porge l’audioguida lo fa con un certo imbarazzo perché mi rifornisce anche di uno spesso foglio plastificato fronte retro in cui c’è l’itinerario con i numeri del pezzo audio da ascoltare. Mi spiega che non c’è, come dappertutto, il numero corrispondente in ogni sala, ma devi rigirarti tra le mani il foglio e ogni volta individuare sulla carta dove sei e poi digitare il numero sulla tastiera.
L’audioguida, che costa 4 euro oltre il biglietto, è evidentemente la trasposizione audio di un testo meramente descrittivo, tipo guida rossa del Touring degli anni sessanta, con tante parole tecniche difficili, mai spiegate. Una noia mortale.
Sullo stesso stile i pannelli dietro ogni opera: molto eleganti, ma quanto di più lontano da un minimo impegno divulgativo.
La mostra temporanea Il sorriso di Dioniso espone pochi splendidi pezzi, ma i pannelli sono illeggibili: fondo bordeaux scuro, caratteri bianchi, un unico capoverso lungo trenta righe, stesso stile libro di storia dell’arte per specialisti, usabilità e leggibilità zero.
E infine, quello che mi ha intristita davvero. Alla biglietteria si avverte che gli insegnanti hanno diritto al biglietto ridotto, purché “assunti a tempo indeterminato”. Insomma, se sei giovane e precario, se guadagni meno, se non ti pagano le ferie, al museo paghi pure il biglietto intero.
Tutte queste cose mi sono tornate in mente stamattina, dopo aver finito Giornalismo e nuovi media.
I nostri beni culturali non dovrebbero scorrere anche loro come acqua su diversi canali, strumenti e piattaforme?
Anche senza soldi, non si potrebbe mobilitare la creatività e inventare meccanismi partecipativi per studenti e laureati in storia dell’arte per popolare siti deserti, scrivere testi con un linguaggio contemporaneo, lanciare concorsi per ideare audioguide e laboratori per bambini?
Sante parole. Anche qui a Napoli gli esempi non mancano.
sono laureata in beni culturali, ho affrontato diversi esami sulla didattica museale, sulla costruzione di testi e siti fruibili, costruiti tenendo presente un obiettivo: avvicinare le persone alla cultura.ovviamente non lavoro nel settore, ma mi occupo da tre anni di comunicazione aziendale e pagherei oro per poter sfruttare le mie competenze nel settore che amo e che studio da sempre ma in italia è un'utopia.non sono figlia di nessuno, non ho raccomandazioni e un posto al ministero non ce l'avrò mai.
Naturalmente abbiamo anche degli splendidi esempi di divulgazione dell'arte, e quando ne incontro uno in questo blog lo segnalo sempre.Per esempio, a Roma alle mostre temporanee del Museo del Vittoriano c'è sempre una piccola stanza iniziale con dei pannelli didattici artigianali molto semplici, che spiegano movimenti e artisti difficili con poche parole alla portata di tutti, leggibili anche da lontano, da anziani e bambini. E' il primo posto dove mi fiondo quando ci vado.Però sono ancora troppi i posti dove questo sforzo non si fa e questo mi colpisce di più nel caso di luoghi bellissimi, come Palazzo Altemps appunto.Comunque, anche io sono laureata in storia dell'arte ma faccio da più di vent'anni la comunicatrice aziendale :-)Luisa
Luisa, spero tanto di diventare brava come te e che magari prima o poi mi capiterà di fare un po' di comunicazione nei beni culturali, mai dire mai nella vita.E spero anche di finire prima o poi la mia condizione di precaria, questo settore di sfrutta fino al midollo.Leggo sempre il tuo blog, dai un sacco di consigli utili e offri sempre degli spunti interessanti!francesca
ecco qui per esempio