Lo scrivevo qualche giorno fa: siti e blog sulla scrittura languono o vivacchiano, in Italia e fuori. Oppure, aggiungo oggi, si trasformano in takeaway dove ogni piatto pronto ha lo stesso sapore.
Autori che erano partiti un decennio fa con dei bei libri oggi sul web optano per le soluzioni minimali, come se i 140 caratteri di Twitter li avessero finalmente sollevati dall’onere di scrivere testi di un certo spessore.
Ho appena ricevuto l’email in cui Nick Usborne annuncia il suo nuovo sito The Web Content Café. Tagline: Fresh content ideas served daily.
Titolo e grafica carini, come quelli di Popcorn Content, il blog che Usborne aprì circa un anno fa per poi chiuderlo dopo poco ammettendo che solo sulla scrittura per Twitter un blog non si reggeva.
Succo, ancora una volta, molto poco. Per di più servito in forma di frasette corte e smozzicate, oppure come noiosissimi decaloghi stile Copyblogger. Il decalogo funziona, ma se lo usi qualche volta, non se tutto diventa un decalogo.
La verità è che le forme brevi sono efficaci e fulminanti soprattutto quando nascono dall’abbondanza sia di contenuti sia di tempo e impegno che gli dedichiamo.
Per chi si occupa di scrittura professionale oggi il lavoro è soprattutto lì:
1) esaminare con pazienza vagonate di documenti tradizionalissimi, cioè pieni di frasi fatte e burocratiche, parole astratte, periodi lunghi dieci e più righe, pagine-muri, informazioni essenziali annegate in un mare di parole superflue, titoli generici e tutti uguali
2) sbrogliare le matasse e capire che cosa chi ha scritto voleva dire
3) trovare le forme migliori, quasi sempre lunghe e brevi insieme, per comunicare messaggi che ormai tutti o quasi leggeranno su uno schermo, quindi un pezzetto alla volta.
L
o so, non suona molto cool e neanche molto Web 2.0, ma è da stamattina che lavoro distillando e limando testi brevi circondata da montagne di fogli pieni di post-it ed evidenziature.
Quanto ai siti e ai blog di scrittura, che ci importa? Come insegna un maestro, per scrivere bene si può anche ascoltare Beethoven o guardare Matisse:
Writers get so fixated on the mechanics of writing that they forget how much they can learn from the other arts about line and the uses of empty space. Good writing, like a good watch, should have no unnecessary parts, and that’s what great art shouts at us: Tell the story with no unnecessary parts.
William Zinssner, Simple Geometry
Sui decaloghi, come li hai chiamati tu. Dopo lo sfruttamento dell'immagine della "creazione di Adamo" della Cappella Sistina in tutte le salse, anche i "decaloghi" si sprecano, ultimo il titolo in home page – ma non dell'articolo – di Repubblica.it di oggi "Pd, dieci parole per cambiare".Nella cultura cristiana decalogo (calco da greco) è quello che l'Eterno diede a Mosè sul Sinai, che gli ebrei chiamano appunto "le dieci parole".Chissà, forse è solamente perché ragioniamo su scala decimale, o ci sentiamo autorizzati a dettare/proporre le nostre leggi, un po' come quando parliamo di "creativi" e "creatività" dimenticando che il Creatore è uno solo.
Ciao :-)Grazie per questi tre consigli.Oggi ho dedicato quasi un'ora con un cliente per fargli definire con precisione i destinatari e gli obiettivi del testo che mi ha chiesto di riscrivere. Credo sia stato importante.
Bastasse osservare Matisse,saremo tutti ottimi scrittori!buona giornata!^_^
Trova che la ricerca della sintesi sia diventata un'ossessione. Io, personalmente, cerco in un post o in un articolo un contenuto ben scritto e originale. Al contrario, diffido delle frasi brevi e a effetto, modello slogan pubblicitario. Mi infastidisce anche il titolo poco esplicativo del contenuto di un articolo!Inoltre, chi dice che la scrittura sul web deve essere necessariamente concisa? Un utente vuole informazioni formulate bene, desidera informarsi, apprezza un testo ben scritto e di spessore…Del resto non si comunica se non esiste qualcosa da trasmettere!