“Cari giornali, è ora di darci un taglio” così dalle colonne dell’Atlantic e in Italia del Sole 24 Ore Michael Kinsley un paio di settimane fa invitava i giornalisti della carta stampata a scrivere di meno, ad arrivare subito al punto, a fare a meno di premesse e pistolotti finali, soprattutto di quelli moraleggianti. A prendere esempio dal web, insomma, dove i testi sarebbero più brevi, sintetici e chiari.
Il pezzo è brillante, ma un po’ semplicistico. Gli articoli delle testate online sono spesso tutt’altro che brevi e sintetici, se non altro perché in molti casi riprendono pari pari il testo già pubblicato sulla carta, e quasi sempre sono privi di link.
Oggi invece apprendiamo dai maggiori quotidiani che secondo una ricerca dell’Università della Pennsylvania i lettori online apprezzano particolarmente i testi lunghi, impegnativi e pure su temi difficili, come quelli scientifici, purché sappiamo toccare le corde dell’emozione.
Il gruppo di ricerca ha esaminato per sei mesi gli articoli del New York Times che i lettori hanno inviato per email agli amici perché evidentemente gli erano piaciuti e desideravano condividerli.
La questione dei testi lunghi o brevi sul web e abbastanza vecchia e non ha mai avuto un gran senso. Un testo lungo può essere divino e catturare per mille ragioni, e un testo breve può respingere fin dalle prime parole.
Le nostre abitudini di lettura stanno cambiando rapidamente e darsi delle regole è difficile, se non impossibile.
A me aiuta sempre considerare come testo sul web non solo quello che è contenuto in una singola pagina, quanto quello che è scaglionato e distribuito su più pagine, a diversi livelli di profondità: titolo e sottotitolo, abstract, primo capoverso, capoversi interni, testo intero, link di approfondimento, segnali visivi all’interno di una stessa pagina. Oggi conta il testo, ma conta altrettanto tutto il corredo di testi che c’è attorno.
Imparare a scrivere sul web credo che abbia molto a che fare con questa capacità di modulare qualità e quantità di testo su parecchi livelli diversi, prestando grande attenzione al dettaglio e ai microcontenuti e al tempo stesso senza mai perdere di vista la visione di insieme.
Un’immagine che amo è quella della scala: i gradini testuali devono guidare il lettore lungo le profondità del testo, dal titolo ai link, con comodità e naturalezza, senza scossoni e senza incognite (ma con un pizzico di curiosità). La chiarezza del linguaggio deve illuminare i gradini. A ogni passo devo avere un motivo di interesse per procedere oltre, fino a scoprire che anche in cantina ci sono contenuti preziosi e rari come un buon vino d’annata, e che valeva davvero la pena di scendere fin là.
…Gli articoli delle testate online sono spesso tutt’altro che brevi e sintetici, se non altro perché in molti casi riprendono pari pari il testo già pubblicato sulla carta, e quasi sempre sono privi di link….
Carissima Luisa, giustissimo: ma vaglielo a spiegare ai colleghi cartacei, io ci ho provato svariate volte e i più educati mi hanno riso in faccia, altri mi hanno impartito dotte lezioncine cartacee su come si fa Internet, meno male per tutti che non gli ho dato retta… esono ancora lì che si chiedono perchè nessuno gli ha mandato commenti 🙂
quanto ai link, perchè mai farli che così chi legge capisce che hai copiato tutto da lì… 🙁
complimenti per il post e per tutto il blog!!
Rosanna
alcune cose rispetto a questo argomento
1. nel post precedente vi è, curiosamente, la risposta e la verifica di quanto asserito. Oggi i maggiori consumatori di internet, cioè i giovani, non riescono a leggere testi lunghi perché sono spesso incapaci di leggere. tout court. Quind leggere una paginetta (o meglio un SMS – o un twit) è uno sforzo pesante ma sostenibile. Leggere un articolo di approfondimento può essere uno sforzo sovraumano.
2. Il mezzo è ancora difficilmente manipolabile per la lettura. Lo schermo da fastidio se lo fissi a lungo, vi sono numerose distrazioni in agguato (mail, telefonino, twitter, facebook, feed, ecc) per poter mantenere la concentrazione. Inoltre, sulla carta stampata, se devo guardare al conctto espresso un po’ sopra è generalmente sufficiente spostare l’occhio, sullo schermo invece (la maggior parte sono 1024 x 800 con una parte occupata da barre varie,menu, banner, ecc.) è necessario metterein azione le mani, prendere il mouse o il pad e far scorrere la pagina. Non ti dico se il pezzo si trova due pagine indietro (the atlantic, l’espresso sono maestri in ciò) ….
3. Il tuo occhio è quello di una professionista e non di una semplice fruitrice. Come una sarta che analizza un vestito ne riconosce i difetti che alla maggior parte delle persone sfuggono. Allora sta in questo la capacità di gestire l’interfaccia da parte dei professionisti: effettuare un’operazione pedagogica ma non troppo. Ovvero articoli di poco più lunghi dell’accettato
4. Ho vissuto purtroppo l’evoluzione di internet e ho potuto vedere come all’inizio i siti venivano creati dalla A alla Z. Chi pubblicava conosceva di HTML, poi di CSS. Poi sono arrivati i CMS e il divertimento comincia a diminuire, ingabbiato da strutture standard e poco divertenti. Poi c’è stata la fase dei blog. Testi non organizzati, spesso incoerenti per soggetto, alcune volte palesemente "buttati la", tanto per scrivere qualcosa e far vedere che siamo ancora vivi (per un blogger l’esistenza in vita è fondamentale). Poi c’ è stata la fase di facebook e simili. Contenuti scarni (scrivere dei buoni testi è complicato) e poca riflessione. Infine twitter, ovvero l’SMS su internet. Poche scarne parole ma libere come ragazze sole, direbbe Lolli. Forse se guardi al tuo sito potrai riconoscerti un pochino.
Scusa se mi sono dilungato troppo ma anche l’articolo sull’Atlantic non scherzava…
Gianluca
C’è una "e" che meriterebbe l’accento
ciao ciao
a mio avviso (parlo sia in vece di fruitrice di internet che di lettrice e di pubblicista) tutto sta nel ‘mezzo’, il veicolo della diffusione della notizia: gli articoli on line devono essere sintetici, catturare immediatamente, limitarsi a poche righe proprio perché Internet è il mezzo di diffusione di notizie ‘clikka e fuggi’. Nessuno rimane per più di pochi minuti sulla stessa pagina web… Il contrario avviene invece con il cartaceo dove il lettore ama essere catturato (leggere il giornale è un piacere!), reso partecipe, fisicamente vezzeggiato. Ed allora ben vengano i pezzi lunghi… specie se accompagnati da brioches e cappuccino!
ciao
Sono d’accordo con te, Luisa, su tutto.
Aggiungo un paio di riflessioni sulla lettura da parte dell’Università della Pennsylvania dei risultati della sua ricerca.
Forse i lettori sul web non fanno altro che apprezzare quello che ogni lettore apprezza, indipendentemente dal mezzo: prediligono i contenuti scritti "bene" anche se sono "lunghi" (banalizzo per brevità).
Inoltre, non è che questo gradimento dipende anche dalla "natura" del mezzo?
Quanto ci metterei a condividere un articolo della carta stampata con una o più persone?
Lo fotocopio (o uso lo scanner, poi lo stampo, magari ne faccio più copie), lo consegno al/i destinatario/i alla prima occasione di incontro o lo invio per email… Per non parlare dell’archiviazione (carta contro file).
Vuoi mettere fare tutto questo con un paio di clicK!
🙂
Ciao
Monica
Mi piace la metafora della scala! Ho spulciato un po’ i vecchi post…complimenti! Tornerò
LINKATO! 🙂
Ciao a tutti,
io ho una picolissima tesi in merito e tiene conto del tipo di internauta che va su un sito:
– l’ansioso, testi brevi ma anche lunghi se sono semplici, chiari e vanno subito al sodo senza perdersi in una miriade di link e sottopagine da incubo;
– l’ipertecnologico, testi brevissimi e a elenchi puntati con link diretti ai vari servizi (facebook, twitter…);
– il frettoloso, testi brevissimi, approfondimenti brevissimi, tutto brevissimo;
– il navicchio un po’, testi brevi, brevissimi o lunghi per lui è indifferente!
🙂