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risali negli anni

14 Gennaio 2010

Fuori registro

Il letto è in disordine. Ma sono stanco e a vederlo mi fa venire sonno lo stesso.

Ad onta del suo disordine, il giaciglio mi ispira sonno al solo vederlo a causa dell’affaticamento.

Un’aura ipnotica promana comunque dal talamo verso di me all’atto della percezione ottica catalizzata dall’astenia.

Qualche anno fa, per spiegare cosa è un registro linguistico agli studenti delle superiori mi servii di questo esempio semplice rubato dal classico Capire le parole di Tullio De Mauro. “Casalingo! Antiquato! Scientifico!”: in un’aula il quiz sui registri diverte e risveglia subito l’attenzione.

Sulla questione dei registri torna ieri il filologo e semiologo Cesare Segre nell’articolo Così degrada la nostra lingua. L’italiano e i registri violati sul Corriere della Sera:

Ha avuto giusta risonanza il documento diffuso dalle accademie della Crusca e dei Lincei sull’insegnamento della lingua italiana, che i giovani conoscono malissimo. Ma uno dei fatti che denunciano la crisi mi pare la mancanza di selettività riguardo ai cosiddetti registri. Questa parola, che i linguisti moderni hanno tratto dalla terminologia musicale, indica tutte le varietà di una lingua, impiegate a seconda del livello culturale e sociale dell’interlocutore e del tipo di situazione.

Si parla di registro aulico, colto, medio, colloquiale, familiare, popolare, ecc. Sappiamo che ci si esprime diversamente parlando a un re o a uno straccivendolo, in un’assemblea o all’osteria, a un superiore o a un compagno di bisbocce; o anche a un vecchio o a un bambino. Cambia la scelta delle parole: sventurato, sfortunato, scalognato, iellato, sfigato hanno, più o meno, lo stesso significato, ma appartengono a registri diversi. Cambia la sintassi: nel Nord il passato remoto si usa solo nei registri più alti, e l’indicativo tende a sostituire il congiuntivo; gli per «a lei» è condannato, ma usato a livello colloquiale; i dialettalismi, che insaporiscono la lingua, sono inopportuni ai livelli alti. Chi non sa usare i registri crea situazioni d’imbarazzo, e può persino offendere, quasi ricusasse le differenze tra le categorie e le funzioni sociali.

L’articolo prende le mosse dal famoso appello della Crusca e dei Lincei lanciato a metà dicembre, che ha avuto sì “giusta risonanza” nel senso che la notizia è rimbalzata come “copia non creativa” tale e quale di sito in sito, senza che del testo dell’appello si trovi traccia in rete, per cui noi comuni mortali ancora non siamo riusciti a leggerlo, e come noi immagino i professori destinatari.

Sempre sul Corriere, rispondono oggi una serie di docenti e scrittori, alimentando quello che ormai mi appare come il solito tormentone giornalistico destinato a esaurirsi nel giro di poco tempo. Al pianto generale si unisce anche il buon Ceronetti: “Alzate senza paura barriere linguistiche. Difendendo l’italiano proteggete voi stessi.”

Intanto anche i giornalisti potrebbero riprendere a mettere un po’ di sana attenzione editoriale nei loro articoli: per esempio linkando direttamente le fonti che scatenano il tormentone, come il misterioso appello, oppure dicendoci chi sono i personaggi intervistati. Nell’articolo di oggi sono infilati uno dietro l’altro Silvia Ballestra, Vitaliano Trevisan, Tommaso Pincio, Giulio Mozzi, Antonio Scurati. Che si tratti di scrittori è davvero così scontato per i lettori?

Nella conferenza Che cos’è una lingua?, tenuta un paio di anni fa all’Auditorium di Roma Tullio De Mauro citò de Saussure come “il linguista svizzero Ferdinand de Saussure”.

Linguista, svizzero, e pure il nome di battesimo. Eppure eravamo un pubblico interessato a quel tema, che aveva scelto di essere lì quel giorno, e la maggior parte di noi più o meno sapeva chi fosse de Saussure. Quella citazione, così semplice, mi sembrò un gesto di grande delicatezza e attenzione verso tutti noi e mi serve sempre di monito quando sono tentata di dare qualcosa per scontato.

PS
Sull’appello e i pericoli della semplificazione c’è anche questa intervista a Francesco Sabatini, presidente emerito dell’Accademia della Crusca.

 

6 risposte a “Fuori registro”

  1. Nell’appello risuona come sempre la difesa di privilegi ormai perduti e il rifarsi a un modello di "media-altezza" senza alcuna utilità. Il testo non usa mai il futuro, il verbo delle proposte risolutive, ma divide – come il diavolo – i figli e i figliastri.

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