Il Comune di Orbetello non ha ammesso neanche un candidato all’esame orale di un concorso per laureati in giurisprudenza perché il livello dello della lingua italiana dei candidati era troppo basso.
La notizia, di quelle di solito confinate nelle pagine di cronaca o di cultura dei giornali, ieri ha raggiunto il Tg5 delle 20: la videografica con gli errori di ortografia più madornali faceva un certo effetto anche a me che questi temi li seguo da tempo e di testi di studenti e professionisti ne esamino un bel po’.
La crescente ignoranza della lingua italiana e i suoi livelli allarmanti è stata ripresa sulla stampa un buon numero di volte negli ultimi due mesi.
Ha cominciato Repubblica martedì 8 con Italiano: questo sconosciuto: “Studenti quasi analfabeti”.
Pare che i test di ingresso all’università quest’anno abbiano dato risultati disastrosi, tanto che diverse università hanno varato corsi di lingua italiana.
La caccia alla colpa come al solito si è scatenata prendendo di mira a turno i telefonini, internet, la televisione, gli sms, l’inglese, la scuola…
Gian Luigi Beccaria sul Tuttolibri della Stampa di sabato 5 novembre individua la causa principale nella sempre più scarsa dimestichezza con i libri e la lettura:
Uno studio dell’Ocse di tre anni fa ha dimostrato che gli studenti italiani sono drammaticamente arretrati rispetto alla media europea quanto alla comprensione di un testo. Non è possibile imparare a parlare e a scrivere con proprietà se non si legge. Certo, l’italiano è una lingua difficile. Vi coesistono e vi s’intersecano più “lingue” parallele: un italiano parlato e un italiano scritto, un italiano della conversazione quotidiana e uno della comunicazione formale, e i vari italiani regionali, specialistici, settoriali. Per chi ci sa fare, se ne possono articolare gli ingredienti in una miscela straordinariamente ricca ed efficace. Ma la stragrande maggioranza, oggi, più che padrona, o è vittima di questa macchina complicata, oppure non sa che manovrarne qualche leva elementare.
C’è anche chi si augura di introdurre lo studio della letteratura nelle facoltà scientifiche e chi, al contrario, vorrebbe separare studio della letteratura e studio della lingua dalle medie in poi, in modo che si continui a lavorare sulla lettura e la scrittura per tutta la scuola secondaria, fino alla maturità.
È il caso del documento-appello Lingua italiana, scuola, sviluppo, lanciato da un buon numero di linguisti italiani il 18 dicembre a Firenze, come racconta Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera nell’articolo Quella “I” come “italiano” che la scuola ha trascurato.
Carla Marello è glottodidatta all’Università di Torino e si occupa molto dell’insegnamento a stranieri. Una prospettiva diversa? “No, tutto ciò che vale nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri, serve a maggior ragione per i parlanti nativi. Oggi poi…”. Oggi? “Con le classi multilingue l’insegnamento dell’italiano è cambiato per forza. Se poi sentiamo in televisione il Grande Fratello, si capisce subito che la lingua dei giovani è diversa da quella delle antologie scolastiche e dalle scritture artificiali che si richiedono nei temi”. Dunque? “La scuola continua a insegnare un italiano fittizio, c’è un distacco enorme tra l’esempio che diamo e ciò che gli allievi sono in grado di recepire. Dunque se vogliamo che l’italiano scritto dei nostri ragazzi migliori dobbiamo impegnarci a farli scrivere di cose concrete, con un insegnamento molto pratico che non guardi più alla lingua letteraria come al solo modello”. Bandire la letteratura? “No, si arriverà alla letteratura come massimo grado di utilità e bellezza, ma prima punterei su forme di scrittura meno belle e più concrete, senza ostinarmi a perseguire norme utopiche e senza dare per scontato niente”.
Ho cercato invano sul web il documento presentato a Firenze. I siti della Crusca e dei Lincei, i principali promotori, non ne recano traccia. Possibile, cari professori, che non abbiate fatto uscire il vostro appello dalle sale affrescate di Palazzo Medici Riccardi? Internet sarà pure tra i principali accusati, ma è pur sempre uno dei luoghi migliori dove far rimbalzare un appello.
Aspettiamo un link 🙂
Leggere non è più la via per scalare la società e ho seri dubbi che sia la strada migliore a livello pragmatico per insegnare a scrivere.
I ragazzi preferiscono "imitare": sfruttiamo questa tendenza e insegniamo loro a scrivere per "modelli".
Buon Natale
Sergio Cima
Ottimo post. Soprattutto l’ultima riga in cui scrivi di internet come mezzo per veicolare la lingua italiana.
Credo fermamente che quanto propone la professoressa Carlo Marello non sia la strada da seguire.
Insomma, si scrive male perché si conosce male l’italiano e come rimedio si vuole insegnare l’italiano ancora peggio?
Roba vecchia e risaputa. Quando i quotidiani sono a corto di notizie tirano fuori l’ignoranza degli italiani. A rifletterci dovrebbe essere non noi ma il ministero competente.
ma a nessuno viene in mentegli il fatto che quegli scritti siano stati fatti male perchè scritti a mano?
Nessuno usa più la chirografia, siamo tutti abituati a scrivere al computer dove tutto è scritto in stampatello e quindi facilmente leggibile e tutto si può cancellare e riscrivere.
Che senso ha fare ancora i concorsi pubblici con carta e penna se poi uno passerà tutta la vita lavorativa a scrivere con un computer?
riflessione sulla conclusione del post…perché esiste questa ostinazione di due mondi a contrapporsi? internet non sostituisce la cultura, la integra.
quello che sta cambiando non sono solo gli strumenti della comunicazione ma la comunicazione stessa; chi fa cultura non può permettersi di rifuggire e rifiutare di capire la portata di internet; chi utilizza internet non può rifiutarsi di riempirlo di contenuti.
donata
Io ho partecipato e non mi ritengo (e non sono stato ritenuto tale da molte commissioni al sud al centro e al nord) affatto ignorante ne in italiano ne in diritto e sentirmi chiamare tale mi infastidisce.
Sui concorsi pubblici ci sarebbe molto da dire e sulla loro poca correttezza, nel caso di specie sembra non ci sia il raccomandato evidente tra i partecipanti ma a volte si fanno i concorsi per dare una copertura di legittimità a incarichi interni come in questo caso quindi in teoria non c’era nessuno “da sistemare” ma il posto " andrà a un dirigente già assunto” come si può leggere qui http://www.vip.it/orbetello-concorso-bocciati-laureati-asini/
e molti di quelli che già lavorano non hanno mai fatto concorsi seri o da "prima repubblica" con i noti brogli.
Tra le domande poi (5 mini-temi in sole 3 ore) non ce n’erano assolutamente sul Sindaco o sulle multe, io normalmente supero le prove scritte in materie giuridiche, ma in questo caso il posto era più da ingegnere esperto di diritto essendo per l’ufficio lavori pubblici di solito gestito da tecnici. Un tale esperto comunque non credo verrebbe a lavorare per circa 2000 euro al mese che oggi equivalgono a 2milioni delle vecchie lire. Al momento quindi l’ignoranza la vedo anche in chi scrive titoli del genere senza conoscere la realtà dei pubblici concorsi.