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risali negli anni

21 Dicembre 2009

Se la carta muore, il racconto vive

Mi è piaciuto davvero molto il libro Eretici Digitali (Apogeo) scritto da Massimo Russo, direttore di Kataweb, e Vittorio Zambardino di Repubblica.

Forse era semplicemente il libro giusto per me in questo momento. Ho avuto voglia di fermarmi un po’ nei giorni scorsi, di scrivere meno ma di leggere e pensare un po’ di più, allentando i ritmi convulsi che ho tenuto negli ultimi tempi. E siccome in rete comunico, imparo e lavoro tutto il giorno, le parole dei due eretici sulle luci ma soprattutto le ombre di internet mi hanno aiutata a mettere a fuoco diverse cose.

La loro tesi è semplice, annunciata già nelle prime pagine e poi ripresa nelle dieci tesi che chiudono il libro:

Il digitale è un “nuovo universo” che, appena arrivato, rischia di scomparire. Potrebbe salvarsi allendosi con una vecchia tigre, il giornalismo, inteso non come industria, ma come pratica e cultura del Racconto.”

La lettura è stata anche un viaggio a ritroso, a tratti un po’ nostalgico: chi si ricordava più delle “autostrade delle informazioni”, delle BBS, dei portali, del boom dei blog? Eppure sono tutte cose che ho vissuto da vicino negli ultimi quindici anni.

Finito di sfogliare l’album dei ricordi, mi sono immersa nel presente e nel futuro della rete, in qualche punto persino un po’ sopraffatta dall’abbondanza dei temi, dei dati, dei dubbi e delle domande.

C’è di tutto: la censura, il nuovo intermediario globale Google e i suoi misteri, le piattaforme pubblicitarie e i loro meccanismi, la neutralità della rete, Facebook e Twitter, la privacy e i nostri dati e, soprattutto, il futuro del giornalismo, con una carrellata finale su come si stanno muovendo le grandi testate a livello mondiale, sia sul piano organizzativo che su quello dei modelli di business.

“Giornalismo” sottolineano gli autori, non giornalisti o giornali. Giornalismo inteso come racconto capace di dare un senso alla realtà che ci circonda, recupero di credibilità e fiducia nel rapporto con i lettori, indagine approfondita e rigorosa dei fatti. Il contrario della “copia non creativa”, della frammentazione dei contenuti, del riciclo passivo che imperano oggi sul web.

Il giornalismo nell’epoca digitale non è più definito dal mezzo o dalla piattaforma – le più diverse, ormai – ma dal contenuto.

Una fonte di informazione non può più pensare di essere sola, né di avere l’esclusività del racconto. Ciò significa che viviamo e ci informiamo in un ambiente per sua natura policentrico, in cui ogni nodo della rete può portare una propria tessera al racconto della realtà. Chi realizza una testata deve essere dunque pronto a riconoscere per ogni tema trattato questi punti di eccellenza esterni a sé, accreditarli dell’autorevolezza che online si esprime attraverso la valuta del web, ovvero il link, e d’altra parte concentrarsi sulla parte del racconto nella quale può esprimere il proprio valore aggiunto, ricostruendo il senso complessivo della storia attraverso le connessioni tra tutti i punti che portano un fatto, un plus di conoscenza, analisi e critica, aumentando l’informazione complessiva su un dato argomento.

Bellissimo e giustissimo, ma mi rimane sempre il dubbio se tutte queste cose non continuiamo a dircele e a leggercele tra persone già un po’ avvertite, e quanto di tutto questo arrivi lì dove è urgente che arrivi: ai politici che parlano di web senza sapere cosa dicono, agli insegnanti che devono formare i ragazzi anche sui nuovi linguaggi e le nuove piattaforme di comunicazione, agli stessi giornalisti professionisti del copia e incolla.

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0 risposte a “Se la carta muore, il racconto vive”

  1. Cara Luisa, bentornata,

    hai ragione nel tuo commento. La materia è ancora per pochi. E temo i soliti da dieci anni…Dovremmo metterci a fare formazione sul tema  agli  insegnanti…Quando mio figlio Francesco faceva i temi con l’attacco di tipo giornalistico, glieli cassavano sempre…e lui se la prendeva con me perché glielo avevo insegnato io ad andare subito al nocciolo 😉
    Notte!

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