Oggi la mia lezione alla Writing School della Luiss verteva sulla formattazione del testo in rete: capoversi, stili del carattere, font, valore degli spazi. Prepararla è stata l’occasione per rifare il punto anche per me e rimettere a fuoco alcune cose.
Una di queste è l’uso delle virgolette, che in rete (ma anche fuori) andrebbero usate il meno possibile e solo quando servono davvero, cioè in pochissimi casi che stringi stringi sono il discorso diretto, la citazione e l’uso particolare (allusivo, ironico, traslato) di una parola o di un’espressione. Per la lettura sullo schermo, meno piccoli segni si mettono, meglio è.
Invece mi sono accorta che ultimamente in tanti lavori di editing non faccio altro che togliere virgolette. Mi sono chiesta perché e mi sono anche data la risposta: siccome l’uso corretto degli stili del carattere (grassetto, corsivo, sottolineato, maiuscolo, maiuscoletto) è quasi sempre avvolto nel mistero, si ricorre alle virgolette per “staccare” qualsiasi cosa. Per evidenziare, per nominare un prodotto, per citare un articolo, per il titolo di un convegno o di un seminario, per una parola straniera, per un programma aziendale… ovunque si addicono piuttosto grassetto o corsivo.
Un’altra abitudine dilagante nella scrittura delle organizzazioni è quella di iperformattare: una parola va in corsivo, ma anche tra virgolette e, se è importante, magari pure in grassetto.
In realtà le regole di base sono piuttosto semplici e sono in tutte la grammatiche di base e nei manuali di stile. Sono pure sul Mestiere di scrivere e in altri siti.
In un’azienda o in un’aula universitaria basta dirle una volta e nessuno le scorda più. Non solo: è anche un tema che piace sempre molto e suscita un sacco di domande e curiosità. Credo proprio perché è un affascinante terreno sconosciuto che sarebbe bene esplorare a scuola, fin da piccoli, senza dover attendere l’università e oltre.
PS Dopo aver scritto di getto questo post, sono andata a fare un ripassino sul Manuale di Stile Zanichelli, la cui attenzione al dettaglio mi cattura sempre. Sì, possiamo anche usare le virgolette per il titolo di una poesia o di un racconto, purché parti di un’opera più vasta, citata in corsivo. Insomma la novella “Lumie di Sicilia”, dalle Novelle per un anno di Luigi Pirandello. Oppure “A Silvia”, dai Canti di Giacomo Leopardi.
Una simpatica vecchietta del mio paese (che ahimè non c’è più) diceva sempre nel nostro dialetto: <<Ogni giorno si fa la luna e ogni giorno si impara una!>>.
Sul Web e soprattutto nei post dei blog, spesso
si usa marcare una parola chiave in grassetto e corsivo
come forzatura per gli spider.
Per il resto, mi rendo conto di abusarne spesso
anche io!
Talvolta trovo le virgolette al posto dello sforzo per precisare un concetto, un’idea, quasi legittimassero una approssimazione.
Come se dentro a quelle virgolette potesse starci più di quanto non si sia stati capaci di esprimere con le parole.
Benita
Stessa impressione. La verità è che tanti si credono scrittori talentuosi, senza “aver studiato”. Centinaia di scrittori. Spesso mi domando perché non s’improvvisano meccanici o tappezzieri.
L’altro giorno leggendo un mio articolo, inzeppato di parole virgolettate, il mio capo mi ha detto: è ottimo, ma perché virgoletti tutto? sembra quasi che tu abbia paura del significato delle parole che utlizzi…
Mi sono reso conto che ha ragione e la quantità di parole virgolettate (non parlo delle citazioni ovviamente) che uso nei testi è inversamente proporzionale alle certezze che ho su quell’argomento. Se dovessi scrivere un testo di teologia, temo virgoletterei tutto dalla prima all’ultima pagina!
Marco
Perchè, quelli che "virgolettano" in aria mentre parlano, con tutte e due le mani, con indice e medio?
Parliamone…
Sì, le virgolette solo per titoli di articoli o parti di opere più ampie (i titoli dell’opera vanno invece in corsivo senza virgolette): avevo una relatrice per la tesi molto attenta, e devo dire che mi è servito molto, allora come oggi nel mio lavoro quotidiano. Sono d’accordo con te sul fatto che quello della formattazione sia un tema da "divulgare" (ecco le virgolette! ;-)) di più e, come dici tu, basta fare riferimento a un ottimo manuale di stile come quello di Lesina.
A questo punto mi viene da dire "menomale che ci sono gli editor!"…
E questo mi fa pensare a quanto sia importante che ognuno faccia il proprio mestiere. Lo scrittore deve scrivere storie (ovviamente deve conoscere la grammatica), ma è fondamentale l’intervento di editor professionisti.
Lo so che ciò sembra scontato, ma spesso incontro scrittori in erba (come me) che cercano di convincermi che nessuno meglio di loro conosce il proprio romanzo e che quindi nessuno può "metterci le mani"…
Ps: troppe virgolette? 😉
Ciao Luisa,
forse puoi aiutarmi, ho un dubbio redazionale:
se ho del testo in corsivo tra virgolette “qualcosa_in_corsivo”, vanno in corsivo anche le virgolette o solo il testo tra di esse? Grazie, F+
[…] gratis non ti autorizza a usarle sempre. Inseriscile quando devi, non quando vuoi: come suggerisce Luisa Carrada l’uso delle virgolette si riduce al discorso diretto, alla citazione e all’uso particolare […]
Salve, avrei bisogno di un confronto per chiarire questo dubbio: nel caso di un testo citato tra virgolette e in corsivo, è meglio lasciare uno spazio tra l’ultima lettera o battuta (specialmente se un punto interrogativo o esclamativo) e le virgolette alte di chiusura?
Il corsivo infatti fa sì che il carattere si addossi alle virgolette di chiusura che non sono in corsivo.
Cosa fare in questi casi?
Grazie mille