Forse sono troppo ottimista (o troppo pessimista: dipende dalla prospettiva), ma non credo che vivrò abbastanza per partecipare ai funerali del congiuntivo. Anche nel beneaugurato caso in cui dovessi raggiungere o superare la soglia dei cent’anni – cosa di cui purtroppo dubito – ho ragione di credere che il congiuntivo mi sopravviverà, e sopravviverà anche a tutti coloro che guardano alla sua scomparsa come al presagio inequivocabile dell’apocalisse finale.
Catastrofi ben più spaventose attendono, nei prossimi decenni, me, i miei figli e i figli dei miei figli: la liquefazione dei ghiacci eterni, la moria delle api, il dietrofront della corrente del Golfo e un import-export di terrorismo e democrazia sempre più ipocrita e spregiudicato. Ma il congiuntivo no. Il congiuntivo non teme il cambio climatico né il mutare degli equilibri politici mondiali. Il congiuntivo guarda al futuro con grande fiducia e ancor maggiori speranze. Non a caso il verbo “sperare” regge proprio il congiuntivo.
Comincia così il pezzo di Andrea De Benedetti, autore di Val più la pratica, che apre dossier dedicato al congiuntivo sul sito della Treccani: Al funerale del congiuntivo?. Gli altri articoli sono di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, autori di Viva il congiuntivo!
La valenza psicologica del congiuntivo è la sua miglior difesa: "che io possa" è un pensiero-talismano al quale difficilmente la mente umana rinuncerebbe. Le ipotesi sono aria fresca per il nostro cervello stressato.