Questo post ce l’ho in testa da un po’, stimolato dai tanti, troppi, messaggi che ricevo da parte di giovani che cercano invano lavoro nel campo della scrittura e della comunicazione e anche da un articolo scritto il mese scorso da Paola Mastrocola sulla Stampa: L’innocenza perduta dei giovani precari.
La Mastrocola ha solo pochi anni più di me, apparteniamo quindi alla stessa generazione, siamo entrambe laureate in lettere e in diverso modo ci guadagnamo da vivere con le parole. Nel suo articolo oppone la tristezza e la rassegnazione di molti giovani disoccupati e precari intellettuali di oggi alla baldanza e all’ottimismo di noi precari degli anni settanta e ottanta.
Ci ho riflettuto molto negli ultimi tempi, perché anche io ricevo email di grande tristezza e in alcuni casi quasi di disperazione. Non posso fare nulla, ovviamente, se non esprimere empatia e comprensione. Qualche anno fa ho pure scritto una lettera aperta agli aspiranti scrittori professionali. Forse la leggono, ma poi mi scrivono lo stesso… e io purtroppo non ho ricette segrete o consigli che mi tengo stretti per dispensarli solo a qualcuno.
Non so se la Mastrocola sia troppo romantica nel ricordare i suoi anni di precariato ardimentoso e spensierato, ma ha ragione soprattutto su una cosa: trovare lavoro nel campo della comunicazione è sempre stato molto difficile, anche per noi che eravamo tanti di meno. Io ho passato i miei quattro anni di Lettere nella piena consapevolezza che forse avrei fatto qualche altra cosa per vivere, perché i concorsi nei beni culturali non si facevano da anni e per anni dopo la mia laurea non si sono fatti.
Una volta laureata, ho fatto il giro delle direzioni comunicazione delle grandi aziende parastatali romane. Ne sono sempre uscita con un sacco di complimenti per il mio curriculum e… un pezzo di carta (giuro!) con l’organigramma interno e il partito e la corrente vicino a ogni nome. Così era più facile arrivarci, mi dicevano convinti di avermi fatto un gran favore. Non c’era da disperarsi? E infatti io spesso mi disperavo.
Però non c’era ancora internet, con tutte le sue opportunità ma anche con le sue false illusioni.
Qualche tempo fa un ragazzo mi ha scritto di non farcela più a stare dietro a un pc a mandare curricula.
Ecco, quello che la mia generazione non ha potuto fare era proprio starsene dietro a un pc. Molti di noi – anche le persone timidissime come me – sono state costrette a uscire allo scoperto, a chiedere, a bussare, a presentarsi. Non ho mai mandato un curriculum a una direzione del personale, ho sempre chiamato prima per chiedere chi fosse la persona giusta e poi era a quella persona che scrivevo. E poi magari telefonavo anche.
Non ho mai dato la mia disponibilità a scrivere e a collaborare senza mandare un pezzo, un articolo, una bozza di progetto. Non ti potevi nascondere dietro i master. Potevi solo presentare i tuoi testi o le tue idee. Qualcuno non mi ha mai risposto, ma parecchi sì.
Non voglio fare la vecchia zia – e per questo ho esitato tanto prima di scrivere questo post –, però forse ogni tanto bisognerebbe almeno provare a fare come se internet non ci fosse. E avere il coraggio di andare a bussare direttamente a qualche porta. Sono convinta che in mezzo a tanta virtualità, faccia, grinta, personalità e idee contino anche più di prima.
Oppure su internet starci e viverci davvero. Per realizzare le nostre idee direttamente senza chiedere niente a nessuno, studiare e selezionare bene le organizzazioni e le persone cui rivolgersi, intercettare i bisogni nuovi. Ci capiterà così anche di trovare annunci e proposte interessanti. Sono pochi, ma ci sono.
Marco Montemagno, fondatore di Blogosfere e autore di Reporter Diffuso su Sky TG24, poco tempo fa cercava un collaboratore su Twitter, mentre Cristiano Callegari, alias Zio Burp, ha appena postato questo lungo annuncio su Linkedin:
In Ambito5 c’è aperta una posizione di stage di 6 mesi, sede di lavoro Milano.
Si tratta di lavorare sui social network, per questo cerchiamo una persona che già “abiti” dentro la rete.
Per intenderci: se ti devo spiegare cosa è Twitter o FriendFeed, abbi pazienza ma a ‘sto giro non me lo mandare il cv.
Ora chiudo gli occhi e provo a immaginarti, futuro-a stagista.
I have a dream, insomma: lo stagista dei miei sogni.
Diamo per scontato che tu sappia usare un pc e la posta elettronica, che tu sappia scrivere in italiano corretto e che anzi scrivere ti piaccia, possibilmente parecchio. Diamo per scontato anche che tu sia una persona web2.0: che ama stare in rete, curiosare, comunicare, condividere.
Ti immaginiamo aperto di mente, curioso di indole, versatile, onnivoro culturalmente, dinamico, pronto a farsi (o rifarsi) un po’ di gavetta. Sì perché qui si lavora duro. Ma si impara parecchio. E spesso ci si diverte pure.
Torniamo a noi, stagista dei miei sogni.
Se te la cavi con l’inglese e smanetti anche con la tecnologia, beh tanto meglio: ti troveremo più cose da fare!
A proposito, già: di cosa ti occuperai ad Ambito5?
Di tante cose che se vivi in rete, probabimente fai già tutti i santi giorni. Con la differenza che qui le farai con un account e una voce non tue, ma di un’azienda: leggere i blog, scrivere un blog (o due o tre), twittare, fare amicizia su Facebook, seguire le conversazioni su FriendFeed, “favare” foto su Flickr, taggare video su youtube, scandagliare la rete in cerca dei blogger più adatti per un evento (una sfilata di moda, la prima della Scala, un rave party) e molto altro ancora.
Ebbene, più assomigli a questo sogno, più non tardare oltre: manda il tuo cv a info@ambito5.com
Come vedete, anche chi cerca un collaboratore ci si impegna a fondo, pur di trovare quello giusto.
Questa volta l’ho fatta proprio lunga. Mi fermo qui.
Buongiorno Luisa,
io sono una "ragazza fortunata", come cantava, declinato al maschile, il mio conterraneo Lorenzo, Jovanotti.
Infatti, ho 44 anni, vivo tra Toscana ed Umbria, ho vissuto gli anni ’80 con tutta l’energia e l’ottimismo di una speranza che avrebbe benedetto tutti.
Sono passata, trentenne, dopo una Laurea in Scienze politiche (tra i miei professori c’era Ernesto Galli Della Loggia), alla realtà del lavoro, nutrendo quella stessa speranza con la mia onestà intellettuale, la mia voglia di fare, di studiare, di mediare, di cercare il mio posto nel mondo senza chiedere nulla: sono quel che sono e, se posso, cerco di migliorami con l’impegno.
Approdo agli anni duemila, con il mio pc, in casa, dopo aver telefonato a vari responsabili delle risorse umane di altrettante aziende (di cui onestamente ho perso il conto); dopo aver allegato ai curricula lettere di ringraziamento (scritte a mano); dopo essermi recata personalmente a tutta una serie di colloqui di lavoro (l’ultimo due anni fa: ho fatto uno show, con tanto di viaggietto con la sedie a rotelle di fronte a un tale che mi chiedeva: "Perché sta cercando lavoro? Quali sono i suoi obiettivi?…")
Fortunata, perché ho attraversato le varie fasi che tu hai descritto, essendo su per giù tua coetanea, con l’età magiore di coloro che ora si affacciano al mondo del lavoro, probabili stagisti a Milano.
Quindi, mi son trovata, per esempio, a svolgere la mia esperienza di giornalista con un gruppo di giovani, capitanati da un professionista della comunicazione pieno zeppo di idee, pronte ad uscire fuori dal suo ufficio piccolo e stantio di un’azienda pubblica (mah…! ) che certo non mi avrebbe mai vista nelle fila dei suoi stipendiati.
Eccomi, caricatisima a vivere un bellissimo sogno: a casa mia; giornalista free-lance. Vita privata e lavoro magicamente uniti.
Era bellissimo incontrarci, condividere i nostri ideali, scrivere, pubblicare nel giornale e nel sito della nostra associazione (lo facevo da casa).
Ma tutto si è sgretolato di fronte alle istituzioni, alle persone che ci dovevano sostenere. Era ormai sfruttamento delle buone intenzioni verso chi vedeva un miraggio nella carriera.
È finita malissimo.
Tutto questo per dire che da una parte ci sono tantissimi (illusi?) che si affacciano al mondo della comunicazione, ma che dall’altra ci sono altrettante possibilità per credere di poter entrare nel mondo della comunicazione.
Come in tanti altri settori, ci sono tanti aspiranti che continuano ad iscriversi all’università, che frequentano corsi (entrambi prolificano nell’offerta… ), che ci credono, come ci ho credto io.
Poi, tutti che ti fanno scendere dal piedistallo e ti illustrano professionalmente che sarà molto ma molto difficile: lavorare nel mondo della comunicazione o aspirare all’insegnamento o partecipare e vincere un concorso.
Perché di questo si sta parlando: io non ho fatto Scienze politiche per andare a raccogliere i pomodori. Quello lo so fare perché, tutt’ora, la mia famiglia ha un pezzo di terra che mio zio coltiva con tanta sapienza e dignità.
Da un paese civile ci si aspetta che si possa studiare ed investire nelle nuove generazioni.
Non mi aspettavo la pappa scodellata, ma avrei voluto trovare un’accoglienza alla vita e non una serie di scuole aperte per incassare le tasse e una volta fuori, con il tuo pezzo di carta, un saluto e, ciò che accadrà di positivo, è merito dei tuoi studi; il negativo, sei tu che non sei in grado di trovarti un lavoro.
Tutto è affidato alla fortuna, al caso, nulla alle qualità della persona.
Poi è facile analizare la realtà; ma nessuno è in grado di tradurla in vita.
Simonetta
ma chi cerca lavoro fa riferimento alla teoria appresa ,al titolo di studio, al master ma forse manca la parte migliore della propria definizione cioè la pratica
chi, delle persone deluse si è chiesto cosa offrire , al meglio al richiedente di turno , chi ha simulato di sedersi dall’atra parte della scrivania e chiedere professionalità
Negli anni ’70 sono entrata nel mondo del lavoro e così come avevo fatto a scuola e università simulavo l’inrterrogazione…
pina
Magari trovare lavoro sarebbe più facile se si scrivesse in maniera decente: senza strafalcioni, punteggiatura zoppicante, "d" eufoniche a casaccio. Perché la forma, nella comunicazione, conta. Eccome se conta.
E conta anche in un modesto, occasionale, effimero post in un blog. Se io fossi un selezionatore e ricevessi testi scritti come quelli qui sopra… beh, col cavolo che vi farei lavorare.
Chi è causa del suo mal…
F.to: Un freelance senza problemi né tessere di partito
Ciao Luisa… non l’hai fatta lunga… l’hai fatta bene! Zio Burp ha lanciato una grandissima occasione che forse rappresenta quel di più che oggi noi giovani (dai fin che sto sotto i 30 mi gioco il giovane… tanto in Italia credo valga fino ai 40) abbiamo la possibilità di cogliere. Ovvero lo scrivere come parte di una comunicazione sociale che si sta sviluppando grazie a quel carrozzone che si etichetta come web 2.0… con la sfida del real time, delle community, della trasparenza e del coinvolgimento. Certo non è facile… non lo è mai stato e non lo sarà mai… leggevo ieri un articolo su D dove molti giovani cinesi dicevano sconsolati "Mah… vorrei emigrare perché qui siamo troppi e per raggiungere i tuoi sogni devi darti veramente da fare". Ecco cerchiamo di non diventare cinesi in questo modo… ma cinesi nel grande obiettivo di realizzare il proprio sogno di scrittura che non si consuma in pochi anni ma in un progetto di vita che va guardato nel tempo. Insomma se dopo due anni dalla laurea non ce l’hai fatta non sei un fallito… ma anzi chissà dove sta andando il tuo percorso. Io c’ho messo 4 anni per avere uno stipendio precario legato alla scrittura, e al mio collega che mi chiede perché se sono laureato in ingegneria come sono col massimo dei voti mi accontento di questo, io rispondo: "beh ma vuoi mettere essere felice?". Vi giuro che la sua faccia vale 1000000 superstipendi di dirigente parastatale 😉
davide
Gent.mo "Freelance senza problemi né tessere di partito",
se si sta riferendo al mio post, la ringrazio per la gratuita ED anonima correzione.
Sono felice che ci siano professionisti tanto bravi ED esperti di grammatica itaiana da far le pulci AD un semplice post.
Grazie.
L’Italia tutta è onorata di queste presenze.
Le auguro buon lavoro e buona domenica. Si riposi per correggere tutti i post del mondo.
Simonetta
D’accordissimo con te! Un pc toglie la quarta dimensione, la fascinazione, la vecchia "buona impressione" che si può sentire solo dal vivo… e con essa, le occasioni in più per sistemarsi.
@Simonetta:
Il nocciolo della questione è nella tua espressione "un semplice post". Come se un commento in un blog fosse tanto poco importante da non meritare un minimo di revisione formale. La stessa considerazione di molti per l’email ("Ma dai! Era solo un email!") o per gli SMS (xké 6 sicuro che un msg vale poco).
Di fatto, non bisognerebbe scrivere sciatto *mai*. Rileggere e correggere abitua al controllo, alla consapevolezza dello stile. Abitudine poi preziosa quando si scrivono testi importanti e ufficiali.
Tutto il resto è solo giustificazione della pigrizia.
Shevek
(ovvero il freelance di prima)
ho 39 anni ed un titolo di studio che mi limita moltissimo nella partecipazione a concorsi pubblici: con un triennio professionale, al giorno d’oggi, non si va molto lontano! Mi sono fatta la classica gavetta nel mondo del turismo e, una volta diventata casalinga e mamma a tempo pieno, ho dato un taglio definitivo alla carriera in quel settore che pure mi piaceva moltissimo. In dieci anni, nei ritagli di tempo, ho provato a rendere palpabile quel sogno nel cassetto che si chiamava ‘scrittura’. Ne sono usciti strafalcioni all’inizio ma poi, man mano che raffinavo la mia tecnica e le mie capacità, ho cominciato a vedere i primi risultati davvero concreti con pubblicazioni di miei scritti e vincite a premi e concorsi. Ho seguito corsi di scrittura creativa e, spinta dall’entusiasmo e dalla voglia di fare, mi sono lanciata come free lance autodidatta. Quasi per scherzo quattro mesi fa mi sono proposta alla redazione locale del quotidiano più diffuso nella mia provincia… ed è così che, pur senza avere una laurea bensì uno straccio di attestato di qualifica professionale, quasi giornalmente leggo i miei pezzi pubblicati. La soddisfazione è davvero grande.
Buona serata a tutti!
Brava Lunapiena. E splendido il tuo gatto. 🙂
io penso sinceramente che il tuo post sia piuttosto superficiale, permettimi la schiettezza di dirlo.
Concordo sull’ultilità di telefonare, andare di persona a cercare la persona giusta invece di mandare solamente delle impersonali emali con cv in allegato. Dimentichi di considerare il fattore geografico: quanto costa a me -calabrese o friulano non fa differenza- prendere un treno e arrivare a roma o a milano per bussare a delle porte di persone che probabilmente non mi riceveranno mai? Dovrò chiedere alla mamma di comprarmi il biglietto?
Tutti hanno fatto la gavetta negli anni 70, 80 o 90…tutti giovani rampanti che come la dea Kalì scrivevano articoli interessantissimi e raccoglievano cassette di frutta, ma a che età siete stati assunti nella vostra prima azienda? Vi siete anche voi trovati a 29 anni in stage non retribuito, fuori casa pagando affitto e bollette, con un rimborso spesa di 250 euro e milano con i suoi 450 euro per un letto in una stanza condivisa?
se anche la vostra di gavetta è stata così, fin’oltre i 30 anni, allora avete solamente una vaga idea di come vada il mondo oggi, dopo lauree e master (a vostro dire inutili).
altrimenti le parole sono ridondanti, ai giovani non servono le vostre opinioni se non conoscete la situazione: state implicitamente incoraggiando tutti i giovani a fare i muratori o gli idraulici, ve ne rendete conto? O semplicemente avete paura di chi è più bravo di voi e potrebbe risultare pericoloso per il vostro stipendio fisso?
Luisa, ti leggo sempre con interesse e rispetto, ma questo tuo post lo trovo davvero fuori luogo.
i. (27 anni, contratto a tempo indeterminato – parlo a nome di altri, non per me, non mi si accusi di "bamboccionismo")
Bhè, d’accordo fino ad un certo punto (e forse più d’accordo con l’utente #10).
Su internet ci sono davvero, ma mi ricordo anche la faccia di chi si vede arrivare una persona in reception per lasciare un curriculum di persona. Tutt’altro che buona impressione. Curriculum cestinato, risatine sbeffeggianti e commenti poco simpatici su una persona che "è pazza? Venire fin qui? O forse è disperata?".
Poi è probabile che dipenda dall’azienda. E, soprattutto, è probabile che dipenda dallo stato (nel senso di nazione) in cui ci si trova.
Io le risatine, comunque, le ho sentite in Italia: nella calorosa e accogliente Italia.
Infine, non so se hai notato che per questi bei mestieri si parla quasi sempre di stage (ovviamente senza rimborso spese, ma sono sicura che fra poco le aziende si faranno pagare per permetterti di fare uno stage, mascherando magari l’esperienza sotto diverso e più invitante nome). In alternativa si passa a figure alte, con già vari anni di esperienza alle spalle. Sempre e naturalmente dove se ne parla, perchè è ancora pensiero comune che tutti sappiamo scrivere e non serva un professionista per farlo.
Sinceramente? Secondo me, come in tutto, ci vuole fortuna. O, in alternativa, qualche raccomandazione.
(PS. neanche io parlo per me)
Completamente in accordo con #10 e #11.
Tutti bravi a proporre stage lunari per 6 mesi, lavori a cui ti dedichi anima e cuore e tempo. E non c’è domenica, non c’è sera, non c’è impegno sentimentale che tenga. Poi, alla fine, quando stremata ti spetticonferme (perchè i soldi, bhé, quelli abbiamo imparato a non apsettarli proprio) c’è soltanto un: "Lavoro fantastico, brava. Però…mi dispiace, ma al momento l’azienda non può permettersi di investire in una figura professionale, ma teniamoci in contatto".
Quante volte succede, quante volte è successo a tanti di noi.
Per la cronaca: io sì, parlo per me e per gli amici che si sono arresi, perchè con i sogni non paghi l’affitto, non ti costruisci una famiglia, non inizi nulla.
Disillusa
che bello leggere le tue parole ..i tuoi consigli.
sincero, onesto e propositivo!!
@ Carrada e Mastrocola, stavolta devo proprio rispondere: con tutta la stima e l’invidia per chi come voi ha potuto costruirsi una solida carriera, non potete paragonare la vostra passata, fortunata esperienza di laureate umanistiche in un terreno professionale ancora vergine di internet e di Legge 30 e dunque potenzialmente disponibile ad aprirsi verso chi, con volontà e passione, vincendo la timidezza si propone di persona o telefona per esporre un progetto…, a quella di chi vive un precario, eterno presente affollato di illusorie facoltà di Scienze della Comunicazione, pseudo corsi di editoria-scrittura-ufficiostampa e chi più ne ha più ne organizzi, danarosi master pubblitalioti o luissini popolati di falsi timidi che venderebbero pure la nonna per uno stage non retribuito da copy/web writer/editor/content manager e via scrivendo. Non se ne può più di esortazioni alla Calvino (“a volte uno si crede imperfetto e invece è soltanto giovane”), di sconsigli e consigli (presentarsi di persona, poi!!, provate e vedrete che accoglienza), abbiate una buona volta il coraggio di dire quella verità che quotidianamente vedete riflessa nelle aule dove fate lezione, negli occhi di chi vi implora un autografo o una raccomandazione: ai vostri tempi, meriti, competenze, originalità delle proposte e del proporsi potevano anche essere riconosciuti, oggi invece contano fortuna e/o conoscenze.
Franca
oggi invece contano fortuna e/o conoscenze
Oggi? Contavano anche quindici o vent’anni quando nelle grandi aziende pubbliche si entrava per entrature, proprio come oggi.
@Shevek
tutti d’accordo, ma ogni tanto bisognerebbe anche lasciare in pace le persone e rilassarsi un attimo, non trovi? 🙂
un post ben scritto non è tutto nella carriera, neppure in quella degli scrittori.
Andrea R.
Cara Luisa,
ti seguo sempre con dedizione e entusiasmo.
Questo post mi ha colpito moltissimo, soprattutto per i commenti non parlo a nome mio ma per altri.
Visto che io non ho niente da nascondere e racconto solo cose che vivo personalmente, ti dico come va la mia vita da precaria.
Ho 26 anni, mi sono laureata in corso e con il massimo dei voti lavoricchiando sempre (ho fatto l’insegnante, l’hostess, la commessa, la cameriera e la magazziniera) in conservazione dei beni.
Ha 24 anni sn uscita dal magico mondo dorato dell’università, dove ti fanno sentire un dio della conoscenza, un eletto in un modo di intellettuali filosofi….peccato che il mondo reale e quello del lavoro sono tutt’altra cosa.
Ho iniziato a cercare lavoro, da sempre mi piace scrivere e ho una naturale predisposizione alla comunicazione, allenanta anche dai due anni di lavoro come commessa (che mi ha aiutata tantissimo ad imparare a gestire il rapporto con i clienti e a sorridere sempre).
Ho trovato un piccolo stage, poco pagato in un’ufficio stampa….all’inizio ero annoiatissima: mi occupavo di aggiornare il data base giornalisti e facevo la rassegna…..5 giorni su sette, 8 ore e più al giorno.
E’ stata difficile tenere duro, mi sembrava di fare un lavoro inutile, di perdere del tempo nel fare attività così poco qualificanti…..ma dato che sono orgogliosa non ho mollato. E piano piano ho iniziato ad affiancare la responsabile marketing per dei piccoli progetti, l’addetta stampa senior su alcune attività per qualche cliente e così ho iniziato a diversificare il mio lavoro. Mi sono messa in discussione, ma ho anche avuto la possibilità di mettere in luce le mie competenze e le mie qualità.
Ora lavoro in un’altra agenzia da quasi un anno, non ho un contratto fantastico ma sono pagata in modo decente e per 12 mesi. Faccio l’addetta stampa, il mio lavoro……scrivo, comunico, creo eventi, aiuto le aziende a comunicare meglio con i propri partner, clienti e prospect.
Sono precaria ma io non vedo il mio futuro nero, dove vanno avanti solo i raccomandati e se non conosci nessuno sei spacciato……chi la pensa così e si nasconde dietro questa situazione è solo perchè non ha qualità, non crede in se stesso e pretende troppo.
Il mondo è pieno di ragazzi che vogliono comunicare, scrivere, fare i giornalisti….ma non tutti hanno al stoffa giusta. Non basta coniugare bene un verbo o saper utilizzare la punteggiatura, bisogna essere creativi, proattivi con i clienti, umili, aver capacità gestionali e organizzative, essere precisi e puntuali.
Io per il momento ce l’ho fatta, senza nessuna raccomandazione……mandando i miei cv via mail, lasciandoli alle aziende, cercando contatti in rete, tra amici. E per la cronaca questi due posti di lavoro li ho trovati mandando il cv spontaneamente……solo fortuna? Non credo.
cara Luisa.
anche io ti seguo sempre.
Ho36 anni e mi occupo di comunicazione web, dopo una laurea in lettere (durante la quale ho pensato spesso che avrei fatto tutt’altro, consapevole della poca specializzazione).
Poi è arrivato Internet e io mi sono lanciata. Un master in comunicazione e informatica, tanta passione, molta pratica e una grande costante dei primi anni del mio lavoro: ho donato molto, senza pensare al rientro economico immediato.
Mi sono fatta le ossa, ho aperto un blog, ho studiato e lavorato tante ore, tanto che ora ho un lavoro (in realtà ho molti lavori, la mia visibilità è aumentata tanto grazie alla scommessa degli ultimi anni)che mi piace, nell’ambito che mi piace.
Ci ho creduto. Non ho basato la ricerca del lavoro tanto sull’invio di cv (nobile sport, per altro, che ho sempre frequentato con dedizione quando ne avevo bisogno) quanto su progetti personali che mi sembravano avere lavoro e che – complice la Rete – lanciavo da me. Perché noi oggi abbiamo almeno questa fortuna: possiamo scommettere con costi contenuti sulle idee. E la nostra presenza on line, come comunicatori, parla di noi, del nostro lavoro e – usando un termine che ho imparato da Luigi Centenaro – del nostro personal brand.
grazie per questo post
spero che la mia testimonianza sia utile a molti giovani scoraggiati.
ciao
francesca sanzo
aka
panzallaria
@ #17: sincerissimamente, non sono immune da refusi, ma HA non verbo con l’H non me l’aspettavo da una non raccomandata che lavora in comunicazione. Ma non voglio polemizzare su questo.
Non sono affatto d’accordo sul fatto che chi parla di raccomandazioni abbia sempre qualcosa da nascondere. Anche io ce l’ho sempre fatta con le mie gambe, ma di raccomandazioni ne ho viste, e fanno rabbia, quindi la rabbia la capisco. Fanno rabbia soprattutto a quelli che non possono tenere duro con lavori mal pagati perchè alle spalle non hanno nessuno.
Preferisco un commento come quello di #18, aka panzallaria, infondiamo speranza, non accusiamo persone scoraggiate solo per farci più grandi e più bravi di loro. Che è un discorso molto presuntuoso.
Purtroppo completamente in accordo con #10 (dico purtroppo perché vorrei tanto che le cose non fossero in questo modo, eppure è così). Ho 27 anni, 5 stage alle spalle (non o poco remunerati) e svariati contratti a tempo determinato e, ovviamente, a percentuale ridotta. Dopo aver fatto il liceo economico, ho fatto un anno in cui ho svolto uno stage di 6 mesi come educatrice sociale e ho lavorato come barista per risparmiare i soldi per l’università per i restanti 6. E quale facoltà avrò mai scelto? Beh, la famigerata facoltà di Scienze della comunicazione…a parte gli scherzi, anche se sono consapevole della mancanza di sbocchi che questa scelta offre, ritengo che non avrei potuto studiare altro. Certo è ovvio che questa facoltà va ripensata e adeguata alle vere necessità del mercato del lavoro e, soprattutto è necessario un lavoro di rivalutazione presso l’opinione pubblica riguardo a questa facoltà (la rappresentazione più comune delle persone è quella di ritenere che studiare comunicazione sia come iscriversi direttamente alla disoccupazione…). Comunque, tornando al vero tema della discussione: sia durante la triennale sia durante il Master (ebbene sì, sono una di quelle che ha ritenuto utile fare anche il corso di specializzazione…) ho svolto altri stage e altri lavoretti (sono arrivata a lavorare in contemporanea per 5 diversi datori di lavoro, ovviamente a piccole percentuali). Eppure, conseguito il titolo di Master e avendo sempre lavorato (come assistente didattica, come ricercatrice, come revisore di testi, come bibliotecaria, come hostess e come PR), mi sono ancora sentita dire che non avevo esperienza. Così ho iniziato una collaborazione di 6 mesi e, non sentendomi ancora qualificata, ho iniziato un’altra scuola…Dopo i 6 mesi di collaborazione ovviamente non sono stata assunta e la mia ricerca di lavoro è continuata. Così ho trovato un lavoro al 60% come assistente didattica sperando che la percentuale sarebbe aumentata e sperando poi che sarei stata mandata direttamente in aula. La realtà dei fatti è che sono stata trattata come una segreteria. Ma la cosa divertente è che, quando fortunatamente sono riuscita a trovare un buon lavoro al 100% e mi sono licenziata dal lavoro al 60% sono stata trattata malissimo come se non avessi il diritto di poter scegliere e ambire a un posto migliore. Questa è la realtà dei fatti. Se chiami in una società di certo non ti passano il capo delle risorse umane (almeno a me non è mai successo) e ti va di lusso se ti rispondono cortesemente di “inoltrare per e-mail la propria candidatura spontanea”. Se mandi una candidatura per e-mail nel 90% dei casi non ti risponde nessuno. Andare direttamente in azienda? Francamente non mi sembra una buona idea (a meno che non si conosca personalmente qualcuno): le persone non hanno tempo da perdere, se ogni giorno si presentassero alla porta 10 persone il ritmo di lavoro rallenterebbe…Quello che ho fatto fino adesso è fare del mio meglio per spedire per posta delle candidature curate e personali alle società a cui ero interessata. In questo modo ho ottenuto risposta nel 60% dei casi e nel 10% ho avuto addirittura un colloquio. Per chi ora ha 50 anni è facile parlare, ma quello che stiamo vivendo non è causato dalla nostra pigrizia o scarsa inventiva…questo è il mondo attuale fatto di incertezza e incoerenza. Si può essere bravi finché si vuole, ma se mancano le conoscenze giuste non si va da nessuna parte…
Andrea