Nel mese di agosto ho fatto lunghi viaggi in treno su e giù per l’Italia e senza assilli lavorativi me li sono goduti a pieno per leggere e ascoltare.
Ho letto delle storie complicate e appassionanti, come Il dio delle piccole cose di Arundhati Roy e La famiglia Winshaw di Jonathan Coe, più un bel numero di gialli della parigina Fred Vargas e dei coniugi svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö. Ancora, le bellissime memorie di Ernesto Ferrero sui suoi anni alla casa editrice Einaudi.
Ho ascoltato anche tante trasmissioni radiofoniche che mi ero scaricata nei mesi scorsi. Tra queste le mitiche Conversazioni sullo scrivere che Giuseppe Pontiggia tenne su Radiotre negli anni novanta.
Di Pontiggia, morto nel 2003, ho letto solo il romanzo autobiografico Nati due volte (da cui Gianni Amelio ha tratto il film Le chiavi di casa) e i tanti articoli che scriveva negli ultimi anni per l’inserto domenicale del Sole 24 Ore. È stato un grande insegnante di scrittura popolare, perché per anni ha tenuto le sue affollatissime lezioni e letture al Teatro Verdi di Milano.
Anche le conversazioni radiofoniche sono proprio per tutti, vere guide alla lettura prima ancora che alla scrittura, riflessioni intorno alle parole precise, quelle realmente necessarie, inviti a limare instancabilmente i testi, valutando le mille diverse alternative che abbiamo di fronte quando scriviamo.
Ben tre trasmissioni sono dedicate agli aggettivi. Un esempio per tutti: l’aggettivo felice.
Una parola di sole sei lettere, che contiene in sé uno stato di pienezza, senza condizioni e senza limiti, perché si possono vivere momenti felici persino nel dolore.
Che succede se scriviamo molto felice? Aggiungiamo una parola, e mettiamo un limite, un perimetro a quella iniziale illimitata felicità.
E il superlativo felicissimo? Pura formula, che riserviamo nelle presentazioni a chi non ci interessa affatto.
E se aggiungiamo un altro aggettivo: e vissero felici e contenti? Il sigillo della fiaba, sempre uguale, cui non si presta più attenzione perché la vicenda che ci ha tenuto col fiato sospeso si è ormai risolta.
La lezione di Pontiggia: aggiungere non sempre rafforza, più spesso diluisce; meglio prima provare a togliere.
grazie per la segnalazione, molto utile: le conversazioni radiofoniche di Pontiggia non le conoscevo 🙂
Un post felice.
🙂
Ho amato quel libro di Coe
Di pontiggia segnalo “vite di uomini non illustri” dove nulla di aggiunto, che potrebbe diluire, è presente.
grazie per la segnalazione delle conversazioni sullo scrivere, saranno un’ottima compagnia in treno nei prossimi frequenti viaggi milano roma.
marta
Anche per me i viaggi in treno sono sempre dei momenti di meditazione e incontro. I due romanzi che hai citato in apertura sono tra i miei preferiti, soprattutto “Il dio delle piccole cose”. Il tuo giudizio mi è stato sempre utile e prezioso, quindi inizierò a documentarmi su Pontiggia.
Grazie come sempre!
Chiara Tinelli
Ho scoperto le lezioni radiofoniche di Pontiggia grazie a te; sono delle perle di saggezza davvero inestimabili.
Grazie ancora 🙂
Un abbraccio, Elena
Sono felice (e basta!) che tu abbia trovato la storia del Dio delle Piccole Cose complicata e affascinante.
E sono felice di aver trovato queste utili conversazioni radiofoniche.
Silvia
ho appena scoperto il tuo blog
Grazie al tuo post sto ascoltando le conversazioni sullo scrivere di pontiggia. Come sempre il tuo blog è una miniera di scoperte utili e di preziosi strumenti di lavoro.
Anche se in ritardo…grazie per questo splendido post.
Nemmeno io conoscevo Pontiggia, lo leggerò.
Ciao!