Lunedì sera ero con qualche migliaio di romani ad affollare piazza del Popolo per la serata La luna ha 40 anni. Non è il genere di manifestazioni che di solito mi attira, ma l’autore era mio fratello Giovanni e non volevo mancare.
Sono contenta di esserci andata. Per la festa, l’atmosfera gioiosa, ma soprattutto per la lezione di comunicazione che Piero Angela, che ha da poco compiuto ottant’anni, è riuscito ancora una volta a dare a tutti. Mi sarebbe piaciuto registrare qualche pezzo dei suoi interventi per poterli proporre in un aula e spiegare così quella parola complicata e un po’ imbarazzante che è semplicità.
Io a volte la evito solo per non vedere qualcuno storcere il naso.
Eppure Piero Angela la interpreta da grande.
Dal punto di vista lessicale: usava parole di tutti i giorni e spiegava con un breve inciso quelle più difficili, senza perdere il filo. Lo stavano a sentire tutti, dai bambini ai tanti stranieri che masticavano solo un po’ di italiano.
Dal punto di vista dell’ordine delle cose che diceva: niente premesse, direttamente dentro il racconto, magari partendo da un dettaglio. Mentre parlava, pensavo mentalmente a quali parole non necessarie si sarebbero potute togliere da una trascrizione. Non ne ho trovata nessuna.
Dal punto di vista delle modalità del racconto: tutte immagini, cose da vedere che si formavano automaticamente nella tua mente. Dall’immagine della terra a piccoli particolari dell’interno della navicella spaziale. Niente di astratto, solo cose concrete ed emozioni vissute.
L’emozione più grande, visibilmente sua ma trasmessa a tutti noi, è stata la risposta alla domanda dei conduttori di Caterpillar su cosa avesse provato quando vide per la prima volta l’immagine della terra ripresa dall’Apollo 8: ho pensato a una piccola pallina galleggiante e sola nell’universo infinito in cui gli uomini non riescono a smettere di ammazzarsi tra loro.
Anche a me capita che in aula storcano il naso quando parlo di semplicità, di 5 w applicate anche ai testi comuni, di plain language. Forse quest’ultimo convince di più perchè viene dal mondo anglosassone.
Mi capita di più con i ragazzi più giovani in Università o nei Master. Cresciuti, alle prese con le difficoltà della comunicazione aziendale, o della comprensione di un obiettivo attraverso una semplice e-mail, mi sembra che cambino un pò idea. Non credi?
Un altro caro saluto, Mariella
[quote]Io a volte la evito solo per non vedere qualcuno storcere il naso.[/quote]… e non hai mai visto qualcuno storcere il naso quando invece, come tu stessa affermi, non la usi?
La semplicità è qualcosa di innato, ‘non è acqua’… E se mi permetti una critica (mi auguro costruttiva), il tuo blog è un po’ difficile da ‘bere’…
Ciao
Angela è un grande. È sempre fra i miei preferiti, come divulgatore.
Assieme a Tullio De Mauro, Umberto Eco, Maria Luisa Altieri Biagi. Chi altro c’è, in Italia?
🙂
Invece a me la tua scrittura colpisce per la semplicità e la leggerezza, te l’ho già scritto una volta a proposito di yoga e scrittura.
giupina
semplicità a molti spaventa perchè implica sostanza: se ci si può permettere di essere semplici significa che si ha veramente qualcosa da cominucare.
eppure anche solo il suono della parola a me da una sensazione di panno rosso che passa su una superficie trasparente e liscia… così ci posso schiacciare il naso contro, respirando e osservando cosa accade …
ciao, marta.
oggi, mentre mi rileggevo la raccolta di Scrivere, m’è capitato a tiro il fascicolo nr.10, con la tua ‘lezione’ sul blog: l’ho trovata davvero piacevole! Hai espresso i concetti in maniera semplice… molto diversa da come li scrivi qui. C’è un perché?
ciao