La settimana scorsa avevo già avuto un assaggio dell’arte di Hiroshige al Museo Chiossone di Genova, ma ieri alla mostra romana è stato un sontuoso banchetto.
Oltre 200 incisioni dell’artista samurai delle “figure fluttuanti”, cioè dell’impermanenza di tutte le cose, colte in un attimo unico e irripetibile: flora, fauna, paesaggi, storia e umanità del Giappone dell’ottocento, ritratte appena prima dell’apertura all’occidente.
Se tutti quegli attimi ti rapiscono così è anche perché Hiroshige indaga e restituisce tutto con precisione millimetrica: le piume delle oche selvatiche, il rosso della peonia e il giallo dell’ibisco, gli aghi dei pini, le squame dei pesci rossi, un ombrellino sotto le folate di vento, la goccia di pioggia e il fiocco di neve.
Ma poi ricompone tutte queste cose secondo il massimo dello studio e dell’artificio, come i fiori di un ikebana.
Chi ha messo quel gufo sul rametto d’acero che attraversa tutta l’incisione proprio contro la luna piena?
Lo stesso artista che contro il cielo notturno ha dipinto i versi di un haiku.
Bellissime opere, un breve viaggio in Giappone quasi sognando.