L’elmo di don Chisciotte. Contro la mitologia della creatività di Stefano Bartezzaghi è un librino un po’ dispersivo, lo ammette anche il suo autore. Ha parti noiosette, dove ho saltarellato, e altre più felici, soprattutto verso la fine, dove il libro decisamente prende quota.
La tesi non è certo nuova, anzi ormai ampiamente condivisa: la creatività si coltiva, non arriva all’improvviso dalla musa ispiratrice. I tanti esempi invece sono freschi e Bartezzaghi sa intrattenere: stamattina, in un treno pieno di chiacchieroni e di telefonini squillanti, è riuscito a isolarmi per un paio d’ore da tutto quello che avevo intorno.
Ho chiosato parecchio, ma una delle cose che più mi sono piaciute è l’idea che “qualsiasi abilità tecnica è di per sé una fonte autonoma di creatività”.
Se Geppetto non fosse stato un bravo falegname non gli sarebbe neppure venuto in mente di costruire un burattino che sapesse muoversi e parlare. Non penso che Leonardo da Vinci abbia acquisito le sue capacità tecniche perché avesse in mente la Gioconda e non sapesse come dipingerla, né che Leopardi avesse in qualche modo in mente “L’infinito” prima di sapere come comporlo. Penso piuttosto a quella frase che ho sentito attribuire a Vittorio De Sica: “La differenza fra chi è e chi non è italiano è che un italiano può mangiare un piatto di spaghetti pensando ad altro”.
Fino a quando l’espletamento di una pratica ci impegna a fondo non possiamo uscirne: siamo dentro a un discorso che ha un senso solo, e inesorabile. Siamo Geppetto che pialla con attenzione per fare un mobile; siamo Leopardi che sta attento alla consecutio temporum; siamo John Coltrane che cerca di non sbagliare a leggere le note sul primo spartito che gli ha fornito il direttore della band; siamo un tedesco alle prese con il suo primo piatto di spaghetti. Quando la tecnica non ci dà più alcuna preoccupazione, possiamo pensare ad altro. A costruire un burattino fenomenale, a scrivere in rima, a usare note che sino a quel momento sono state considerate dissonanti, a cosa ordinare come secondo piatto.
La creatività, quindi, è una funzione diretta non del nostro inconscio bensì delle nostre capacità tecniche. Non va confusa con il talento, che è ciò che fa sì che Leopardi abbia impiegato pochissimi anni per diventare un grande scrittore o che Giotto da bambino disegnasse, secondo la leggenda, cerchi perfetti. Nella nostra era non c’è una forte retorica del talento perché il talento è considerato innato e non si può acquisire; bensì c’è una retorica della creatività proprio perché la creatività si può vendere come surrogato a coloro che sanno o temono di non avere talento.
La differenza è che senza tecnica il talento c’è ma non va avanti; senza tecnica la creatività non incomincia neppure, proprio non c’è.
Lo sto leggendo proprio in questi giorni in pausa pranzo!
Appena lo finisco scrivo la mia!
Ce lo ripeteva il maestro di Aikido, fino all’esaurimento “Tecnica, tecnica, finché la tecnica non diventa natura. E poi ancora tecnica e tecnica, fino a quando la natura non diventa istinto. Allora sarete pronti per poter imparare davvero qualcosa”
Penso che lo stesso valga per lo yoga, no?
Parole sante!
Abbracci, Nishanga
è per questo che poi la mano va da sola quando decide che è ora di buttare giù due – o mille – parole e ne escono momenti toccanti fino alla sfibrarti…
Alcuni anni fa c’era la moda di analizzare il talento e si diceva che il talento ha bisogno di pratica, ora si dice che la creatività ha bisogno di tecnica. Sono "modi di dire" che cambiano con il tempo.
Chi si dedica alla scrittura sa, senza fare troppa ermeneutica, che una persona deve avere una predisposizione a scrivere e insieme alla predisposizione la volontà di scrivere. Chi è predisposto e ha la passione, cioè gli piace scrivere, sa che deve allenarsi in tutti quegli aspetti necessari per produrre un’opera interessante e commerciabile (se ha anche la volontà di pubblicare).
Non condivido l’affermazione: "La creatività, quindi, è una funzione diretta non del nostro inconscio bensì delle nostre capacità tecniche". Non credo si possa diventare creativi, se per creativi si intende una persona capace di "inventare cose originali", solo apprendendo delle tecniche. Io sono convinta che la creatività sia legata alla originalità e che l’originalità ha in sé come un "salto logico", un qualcosa che va oltre il risultato finale di un processo e questo qualcosa nascere dall’inconscio, non dalla razionalità. Tant’è che a volte si usa dire di un’opera che è tecnicamente perfetta, ma poco espressiva.
Comunque le mie sono solo parole, chi scrive regolarmente sa di cosa sto parlando.