Nanocontent, ovvero una porzione del microcontent, anzi 11 caratteri spazi inclusi.
Nella sua ultima Alertbox, First 2 words: a signal for the scanning eye, Jakob Nielsen analizza l’impatto di link e titoli, i microcontenuti più soggetti all’esplorazione veloce. Esplorazione che avviene quasi sempre attraverso il “modello a F”, cioè la lettura più attenta all’inizio (titolo e sottotitolo) e sulla parte sinistra del testo (soprattutto nelle liste).
Il nostro occhio e la nostra mente impazienti si concentrano sulle prime due parole, poi la concentrazione scema e il meccanismo è quello di tirare a indovinare.
Lo stesso avviene in verticale: rimaniamo più a lungo sulla parte sinistra dello schermo. La questione ha il suo peso se si considera quanto testo ha oggi la forma dell’elenco (risultati dei motori di ricerca, archivi di articoli e comunicati stampa, liste di prodotti, indici, faq, check list…), soprattutto ai primi decisivi livelli di consultazione di un sito.
Così Nielsen, nel suo test di usabilità sui nanocontent, ha chiesto agli utenti proprio di indovinare, sulla base delle 11 prime battute di un link, il contenuto della pagina di destinazione.
Ne sono usciti al meglio i siti dove la pressione sul consumatore è fortissima, cioè quelli di e-commerce.
Qui le prime parole sono decisive e l’economia delle battute va curata fino all’ossessione.
Ecco le raccomandazioni di Nielsen per scrivere dei buoni testi di link:
- scegliere parole precise, brevi e semplici
- seguire i codici lessicali del web e non inventare parole per essere originali a tutti i costi
- iniziare con le parole chiave o con verbi che fanno appello ai bisogni degli utenti.
11 battute sono pochissime, ma non devono dire tutto, solo contenere il “profumo dell’informazione”, cioè:
- far immaginare all’utente il contenuto della pagina di destinazione
- differenziare con chiarezza un link da un altro
- non disorientare o promettere troppo.
Qualcuno a questo punto dirà che l’inglese è lingua ben più adatta dell’italiano per queste sintesi… eccetera eccetera, ma quella della lingua è spesso una scusa.
Anche noi possiamo cesellare con cura i nostri link con qualche attenzione in più. Per esempio:
- eliminiamo gli articoli, quando è possibile
- non iniziamo l’elenco sempre con la stessa parola (occhio alle preposizioni)
- sostituiamo i numeri in lettere con quelli in cifre
- usiamo i due punti per eliminare preposizioni (Non “Guida al corretto uso dei link”, ma “Link: istruzioni per l’uso”).
Va da sé che le poche battute di “Clicca qui” sono comunque sprecate, soprattutto all’inizio della frase, quando l’utente non ha ancora la più pallida idea del perché mai dovrebbe cliccare.
Va altrettanto da sé che leggiamo spesso ben oltre le 11 battute, ma troncare lì un link è un test utile e pure divertente.
I titoli dei post di questo blog ne escono malissimo, quelli del sito decisamente meglio, ma in fondo mi danno la conferma di quello che questi due luoghi sono per me e credo anche per chi li legge: diario divagatorio l’uno, reference ordinata l’altro.
Grazie mille luisa!in ottica di inserimento poi dei contenuti in social news e twitter questi consigli diventano preziosissimi.un sorriso.Davide