“Cosa c’è di più sostanzioso ed espressivo della forma?” mi sono chiesta qualche sera fa, probabilmente esagerando un po’, di fronte al trittico laico Stati d’animo di Umberto Boccioni.
Me lo sono trovato di fronte all’improvviso alla strepitosa mostra sul Futurismo a Palazzo Reale a Milano.
Il giovanissimo Boccioni ha ventinove anni e ancora solo cinque da viverne. Eppure ha già bruciato e digerito tutto: simbolismo, art nouveau, divisionismo, cubismo. L’altra domanda che mi sono fatta è cosa avrebbe pensato e creato se fosse vissuto quanto Tiziano (86) o Picasso (92).
Dopo aver messo in moto automobili, cavalli, stanze e un’intera città, ora tocca all’interiorità, all’intreccio di sentimenti e sensazioni delle persone che si lasciano e si dicono addìo in una stazione ferroviaria.
Se Gli Addii e Quelli che vanno sono tumulti espressionisti e cubisti, Quelli che restano mi è sembrato impalpabile, puro spirito.
il geniale e disgraziato Vincent ci aveva già mostrato come forma e colore possano esprimere tutto: una semplice stanza si illumina di un giallo accecante, il cielo notturno si popola di astri che girano a un ritmo vertiginoso come le rotelle di un ingranaggio che non è di questa terra.
Ma Quelli che restano di Boccioni è rarefatto come l’assenza e liquido come un mare di lacrime.
Ciao! Ho visto che sei molto acculturata ed intelligente… E avrei bisogno del tuo aiuto… Vorrei tanto trovare un quadro che rappresenti l’emozione nella neva, un po’ come quello di De Nittis… La mia e-mail è:mimi329@hotmail.it.. In caso ti venisse in mente qualcosa.. Grazie comunque per la bella lettura!