Il blog sta alla scrittura come lo sport estremo sta all’atletica: è più libero, più rischioso, più informale, più vivo. Per molti aspetti, è come scrivere ad alta voce.
L’idea trionfalistica che i blog dovrebbero in qualche modo sostituire la scrittura tradizionale è stupida e pericolosa. In un certo senso, la ricchezza che i blog aggiungono alla nostra comunicazione valorizza le doti che deve avere di solito un bravo scrittore. Il torrente di intuizioni, idee e argomentazioni che emerge dalla blogosfera rende ancora più apprezzabile la persona che riesce a dargli un senso e a trasformarlo in qualcosa di più solido e definitivo.
I blog sono un po’ come il jazz, che è entrato nella nostra vita molto dopo la musica basata su una partitura scritta, ma non l’ha sostituita. E nessun jazzista ha mai pensato che avrebbe potuto farlo. Il jazz richiede semplicemente un modo di suonare e di ascoltare diverso, come il blog richiede un modo diverso di leggere e di scrivere. Il jazz e il blog sono generi intimi, improvvisati, individuali, ma anche collettivi. E il pubblico si sente autorizzato a parlarci sopra.
La blogosfera ha aggiunto una nuova dimensione all’atto di scrivere e ha prodotto una nuova generazione di libri di saggistica. Ha permesso a molte persone di scrivere a voce alta come prima nessuno aveva mai fatto. E al tempo stesso ha messo in evidenza una fame di scrittura che, in quest’epoca, dominata dalla televisione, sembrava scomparsa. Le parole, di qualsiasi genere, non sono mai state così importanti.
Solo poche battute delle oltre 30.000 dell’articolo Come si scrive un blog di Andrew Sullivan, pubblicato in novembre da The Atlantic e tradotto questa settimana da Internazionale.
Un lungo e meditato saggio che racconta questa scrittura rapida, “non legata a un giorno, ma a un’ora”, “dai confini estremamente permeabili e dalla verità intrinsecamente transitoria.”
Sullivan non ha paura di partire nel modo più tradizionale, la definizione e la spiegazione del blog, per addentrarsi poi nei rapporti con la scrittura giornalistica e quella saggistica, e in quelli tra il blogger e i suoi lettori.
Ma la cosa più interessante per me, perché la vivo e condivido profondamente, è l’analisi di come la scrittura apparentemente frammentata, transitoria, urgente e un po’ arruffona del blog sia capace – sui tempi lunghi – di dare solidità, sostanza e struttura alle scritture più tradizionali, quelle dei saggi e dei libri. E questo articolo di Sullivan ne è una splendida prova.
Il pezzo è di quelli da non perdere, anche nella sua versione integrale in inglese su The Atlantic, dove trovate un video con una bella intervista all’autore.
L’unica cosa che rimprovero ai Blog/blogger è l’assillante smania di parlarsi addosso citandosi mille volte, linkandosi, autoincensandosi, facendo di tutto per attrarre visite al loro sitarello.
A volte non ci sono blogger, ma Blog; non persone ma pagine personali!
Parlare ad alta voce attrae l’attenzione, ma non implica che si dicano cose interessanti..tutt’altro!
In un gruppo di amici il galletto non sempre è il più simpatico, profondo o affascinante.
Insomma come sempre ci vogliono le mezze misure 🙂
Antonio Patti LdF
Il blog è come il jazz[..] “I blog sono un po’ come il jazz, che è entrato nella nostra vita molto dopo la musica basata su una partitura scritta, ma non l’ha sostituita. E nessun jazzista ha mai pensato che avrebbe potuto farlo. Il jazz richiede semplicemente un modo di suonare [..]
Ma sì, il blog è più libero e anche più rischioso, perché secondo me è da un blog che si capisce se un autore sa scrivere o no.
innanzi tutto grazie per la bella recensione di un articolo che non avevo notato
per me il blog è un’occasione per mettere ordine tra le idee, per non lasciare che volino via, per sistematizzarle, per proporle e condividerle.
grazie per il tuo lavoro
andrea
Grazie, grazie, grazie per le sempre utilissime indicazioni! 🙂
La cosa che piu’ m’infastidisce (oltre alle foto gigantesche) sono le contrazioni che spesso si confondono con gli errori dettati dalla fretta di scrivere (forse anelano a scrivere alla velocita’ con cui parlano!). Ciao. Francesca
un blog è spesso la metafora del suo autore; la virtù del mezzo viene ricercata e raggiunta, se va bene, poco a poco.
andrea
I blog non potranno mai sostituire i libri. Mi piacerebbe però che nel curriculum di uno scrittore avessero pari dignità un libro pubblicato e un blog di successo, senza che il secondo debba per forza confluire nel primo… a volte con risultati penosi per il lettore
Non sapendo di questo sito avevo speso 2 parole sul “mestiere di scrivere” anch’io..