Parlavo di audioguide museali qualche post fa e di divulgazione dell’arte attraverso le parole. Scrittura professionale anch’essa, anzi professionalissima. Quando non lo è te ne accorgi subito perché invece di guidarti nella comprensione di un’opera ti porta fuori strada.
Così stamattina, alla mostra romana Da Rembrandt a Vermeer, mi sono levata la cuffia dalla testa più di una volta. Di descrizioni piene zeppe di aggettivi ne potevo più.
Gli interni misteriosi e sospesi della pittura olandese del Seicento sono pieni di cose, rappresentate in ogni minimo particolare, dalla coda del gattino alla buccia di limone caduta da una tavola imbandita, fino al riflesso di una brocca piena d’acqua. Ti incanti a scrutare questi microcosmi di una ventina di centimetri per lato. Ma se non riesci a staccartene è perché intuisci che non finisce affatto lì. Quello che cerchi di cogliere è ciò che non vedi e non saprai mai.
In questo, Gerard ter Borch è maestro persino più di Vermeer. I quadri in mostra li avevo già visti più volte a Berlino, ma sono caduta nuovamente nell’incanto.
Quale sarà l’espressione del volto della fanciulla che ci gira le spalle, avvolta nella scultura d’argento del suo abito? China la testa pentita di fronte all’ammonimento dell’uomo? O distoglie lo sguardo di fronte alle sue proposte? Il conflitto e il dilemma sono anche nei colori: un corpo chiuso nei riflessi freddi della seta sullo sfondo di un letto a baldacchino, rosso come la passione.
Anche un piccolo interno borghese con una mamma che ha appena finito di allattare il suo bambino sembra celare un mistero. È La madre, di Pieter de Hooch. Sulla destra, proprio nella stanza accanto, una luce calda e avvolgente attrae fuori lo sguardo della bambina che vediamo solo di spalle. Deve essere qualcosa di irresistibile perché alza pure il piedino per vedere meglio.
Sono stato anch’io alla mostra di cui parli: spazi stretti e un’infinità di visite guidate rendono arduo il percorso degli altri visitatori. Le audioguide banali e molto costose. Tutti segnali di un paese che ha tanta qualità, ma non sa venderla e preferisce rapinare i malcapitati estimatori di opere e musei.
Io ti adoro per come scrivi. Hai una semplicità lieve e rara che arriva diritta al cuore, spoglia com’è di qualsiasi orpello.
I testi delle audioguide dovresti pensarli tu.
E scusa la sviolinata, ma quanno ce vo’, ce vo’! 😉