“Niente più pagine bianche” si intitola il post sul blog di Internazionale in cui Steven Johnson racconta come affronta il blocco della pagina bianca, soprattutto di fronte a un compito lungo e complesso come scrivere un libro.
Suggerisce un software che permette di archiviare e collegare tanti spunti diversi – pdf, ritagli di testo, pagine web, immagini – ma al di là del software è interessante il metodo, che condivido in pieno.
Anche io, quando ho avuto voglia di scrivere Il mestiere di scrivere. Le parole al lavoro tra carta e web, ho aperto un file per ogni capitolo e per mesi e mesi ho solo buttato dentro in maniera anche disordinata, uno dopo l’altro, spunti, idee, link, pezzi di testo.
Tutto questo funziona bene soprattutto se hai le idee chiare sulla struttura portante e sul punto di arrivo del libro. Io le avevo, tanto che i titoli iniziali del progetto che mandai ad Apogeo sono rimasti identici fino alla fine, ma non posso dire lo stesso di quello che avrei scritto dentro ogni capitolo.
Quando però dopo molti mesi mi misi concretamente a scrivere, quei file giganteschi e caotici mi aiutarono molto, proprio perché non mi trovai praticamente mai di fronte alla pagina bianca. Anzi, il primo lavoro fu soprattutto di taglio, scrematura, collegamento. Apparentemente un lavoro di editing, in realtà preparavo il terreno su cui far crescere le mie idee e scegliere le mie parole.
Proprio come scrive Johnson, “i capitoli presero forma da un arcipelago di citazioni ispiratrici e cominciai a costruire ponti tra le isole.”
interessante ed utile.
grazie per non lasciare mai bianche le pagine del blog!
Andrea
Davvero molto interessante (come al solito)!
Ho provato anch’io ad usare questo sistema e funziona, a parte l’ansia che ti prende nel dover tagliare tanti appunti inutili…
Kinsy,
per superare l’ansia da taglio, basta rinominare il file e tenersi in archivio il file gigantesco che prima o poi tornerà utile di sicuro.
Il business writer non butta mai niente: http://www.mestierediscrivere.com/pdf/businesswriter_deagostini.pdf
Luisa
Anche io uso questo metodo, diciamo che da un insieme di schemi, mappe e appunti inziali, creo poi quei “ponti” citati da Johnson… è una bellissima metafora, non c’è che dire! 🙂
Marina
Interessantissimo. Grazie