Scriviamo con un pc da più di trent’anni vent’anni ormai. Una rivoluzione che ha messo nelle nostre mani non solo il contenuto, ma anche la forma del testo.
Eppure le regole editoriali di base e di buon senso che rendono un testo leggibile e chiaro da un punto di vista visivo sono ancora in gran parte ignorate. Soprattutto nel mondo del lavoro, che è quello che io frequento di più.
Non parlo solo dei siti web e delle newsletter, ma anche e semplicemente di un report, una lettera, una ricerca, persino un’email. Grassetti, corsivi, sottolineature, titolazioni, capoversi, margini, impaginazione,font vengono spesso scelti a caso, o secondo criteri che hanno a che fare soprattutto con le preferenze personali.
Un minimo di alfabetizzazione editoriale visiva dovrebbe far parte del bagaglio di chiunque comunichi sul lavoro attraverso la scrittura, cioè praticamente tutti.
Sono temi appassionanti e lo vedi quando tieni un corso di scrittura o fai un lavoro di editing e spieghi al cliente il perché di certe scelte di formattazione. Tutti si incuriosiscono, ti chiedono mille cose e si mettono subito a cambiare titoli, font e stili del carattere.
Sono quindi davvero contenta che Internazionale, tra le tante piccole innovazioni che sta facendo scivolare tra le pagine della rivista in questi ultimi tempi, abbia inaugurato la rubrica quindicinale In pagina, dedicata alla grafica editoriale. La tiene Mark Porter, direttore creativo del Guardian. Il primo articolo, questa settimana: Il tempo dei caratteri, dedicato ai font.
Più di trent’anni? Il Mac ne fa venticinque in questi giorni. L’Apple II ha trentadue anni ma anche dopo la sua dismissione, era oggetto per pochissimi. Diciamo che quei pochi fortunati che hanno potuto mettere le mani su un Atari, un Commodore 64 o uno Spectrum al più possono datare la loro esperienza a 29 anni fa. Prima, nella segreteria di qualche ufficio di altissimo livello, si poteva incontrare solo qualche macchina da videoscrittura (erano i tempi in cui i “capitani coraggiosi” non avevano ancora fatto scempio della nostra eccellenza industriale).
Credo sia più giusto dire che siamo ormai talmente assuefatti alla pervasività dei computer da aver perso il tempo del loro ingresso nella nostra vita. E in fondo non è poi una cosa così negativa…
Hai ragione, grazie 😉
Ora provvedo.
Luisa
bel post 😀
Non trovo il link della rubrica di Mark Porter, potete aiutarmi?
Now that’s sutleb! Great to hear from you.
Il link non c’è perché la rubrica è sull’edizione cartacea di Internazionale.
Però sono già interessantissimi il sito di Porter e il suo blog.
Luisa
Assolutamente d’accordo: un minimo di “alfabetizzazione” editoriale sarebbe necessaria per chiunque effettivamente lavorando si trovi per forza di cose a scrivere.
hai ragionissima Luisa!!! E’ bello vedere che pian piano le cose si smuovono.
un sorriso
davide
Sono d’accordo con te. Davvero l’alfabetizzazione editoriale è importante e appassionante. Non sempre è facile riuscire nell’intento, Giulia
E per chi si vuole alfabetizzare ci sono in internet delle guide gratuite ? specialmente per la scelta dei font più adatti a lettere professionali.
è il minimo per un giornalista l’alfabetizzazione editoriale.. esistono le apposite scuole
http://www.giovanninialex.com
…a volte è inutile trovare un senso…
mi potreste indicare il numero di Internazionale in cui compare questa rubriica?…perchè negli ultimi due non la trovo…..grazie
federica
E’ il numero in edicola: n° 779, pagina 74, box in basso.
Luisa
Tutto molto giusto. Ma esiste anche l’effetto contrario, le possibilità di impaginazione, di effetti, di disegni dei maggiori programmi, affidati nelle mani inesperte di tanti utilizzatori di computer. Ci sono presentazioni di powerpoint che fanno venire il mal di testa per quanto sono “decorate” – impaginate, dice qualcuno.