Tante volte ho scritto sull’importanza e l’utilità dei vincoli per chi comunica con la parola scritta. Credo che valga per tutti, ma vale soprattutto per me, anche per una questione di carattere. Sono un’inguaribile disciplinata e non parto se prima non ho piazzato tutti i paletti.
Ne ho la prova in questi giorni, in cui sto scrivendo molto per il web, passando nel giro di poche ore dal teasing di una campagna di banner agli spazi angusti e senza scampo di quei testi solo apparentemente aridi che sono gli help e i messaggi di errore.
I banner mi vengono bene e mi diverto e, trovata un’idea, gli annunci seguono uno dopo l’altro. Ma negli help e nei messaggi di errore la mia anima di editor precisina, pedante e un po’ ossessiva ci sguazza dentro.
Pure lì giochi, ma giochi di lima, forbici, economia e confronto continuo con un’esperienza reale, quella di chi deve portare a termine un compito, un’iscrizione, una transazione. Una parola sbagliata, un’ambiguità, un dubbio, ed è finita. L’utente se ne va, quasi sempre per sempre.
La fiducia e la credibilità in rete le costruisci mettendo in fila con pazienza meticolosa una serie di minimi e precisi dettagli. Con le parole costruisci una strada stretta, senza incroci, divagazioni, avventure: l’utente non può che andare lì, dritto dritto. Ma quella strada stretta è il contrario del vicolo cieco: deve anche essere comoda, aperta verso l’orizzonte.
Nelle parole che guidano verso una transazione regnano la ripetizione, l’ordine, la simmetria. Almeno questa è la mia netta sensazione quando finisco un lavoro di scrittura o di editing in testi di questo tipo. Le mie linee-guida me le sono buttate giù alla buona. Eccole:
- la variatio non è concessa: tutto va sempre chiamato nello stesso modo, dall’inizio alla fine, a costo di essere monotoni (nome è nome, non una volta nome e un’altra nominativo; e così per acquisto e transazione, per User Id e ID… corrispondenza lessicale assoluta
- e così, se sulla pagina c’è scritto “dai il consenso al trattamento dei dati”, il messaggio di errore non può essere “per poter proseguire, conferma il tuo consenso” ma “per poter proseguire devi dare…”
- segnalare l’errore non basta, bisogna anche suggerire come evitarlo (non “numero di cellulare non valido”, ma “scrivi i numeri tutti di seguito, senza spazi, puntini o slash”)
- simmetria ferrea nella costruzione: se si comincia un messaggio di errore suggerendo un’azione, allora cominciare sempre con il verbo, alla stessa persona (controlla, verifica, inserisci, scrivi)
- quando un utente è alle prese con un compito, il “tu” (cui sono in genere piuttosto allergica) funziona benissimo per immediatezza (meglio “controlla l’indirizzo email” di “controllare l’indirizzo email”
- ma niente enfasi: “dai il tuo consenso al trattamento dei dati!” fa cadere le braccia a chiunque
- e infine, qualche dubbio sulle formule di rito, utili perché riconoscibili ma a volte ridicole: le scrivo anche io, ma comincio a pensare che bisogna avere il coraggio di preferire a “i tuoi dati sono stati trasmessi con successo” qualcosa come “Grazie, tutto a posto. Ti abbiamo appena inviato una email di conferma.” oppure “Grazie, abbiamo ricevuto i tuoi dati.” Stop.
PS Help e messaggi di errore si scrivono e si rivedono con le schermate sotto gli occhi, cercando per quanto è possibile di liberarsi della “maledizione della conoscenza”, cioè il sapere tutto di quel sito e di quel prodotto. Mentre scriviamo non siamo l’editor onnisciente, ma l’utente ignaro. Facile solo a dirsi 😉
Ottima sintesi delle cose da ricordare 🙂
L’hai già ricordato altre volte nel blog, ma penso valga la pena di segnalare ancora l’ottimo testo “Defensive Design”, a cura di 39Signals.
ottimo
Ciao Luisa, approfitto di questo interessantissimo post per lasciarti i miei migliori auguri per delle felici feste ed un anno nuovo pieno di soddisfazioni!
Un abbraccio forte, Elena Verox
Che il natale ti porti uno scampolo di lentezza, qualche goccia di barolo e uno spruzzo di poesia. Buona vita.
E’ sempre molto interessante e piacevole leggere i tuoi post. Approfitto di questo spazio per chiederti se, secondo te, la seconda persona singolare sia sempre la soluzione migliore sul web; a me a volte pare che la vecchia abitudine di dare del “lei” a chi non si conosce sia un bel segno di educazione. E che anche sul web possa funzionare molto bene.
Andrea
Ciao e Buon Natale a tutti!
Ogni volta che leggo un tuo post dove sottolinei come sia impegnativo raggiungere questo tipo di risultati, mi emoziono. Spiegarlo agli altri non è mai semplice 🙂
Feba
Hai evidenziato molte cose che reputo fondamentali e che troppo spesso vengono ignorate. Nice! 🙂
(spunto qui da Feba che ha legato i post :P)