Uno dei libri forse non più belli ma sicuramente più ispiratori che ho letto nel 2007 è stato A Whole New Mind di Daniel H. Pink. Sottotitolo (tradotto da me, perché il libro non è stato tradotto in italiano): Perché il futuro appartiene a chi pensa con la parte destra del cervello.
Il tema è dei più trendy e come tanti ottimi ma abbastanza ruffiani libri americani, anche A Whole New Mind non è originalissimo, capta cose che sono già nell’aria, ma è organizzato e scritto benissimo e a me ha dato non poche idee per il mio, di libro.
L’idea di fondo è che dopo l’information age, che ha spremuto come un limone la parte sinistra e razionale del nostro cervello, è arrivato il momento di riequilibrare le cose e di fare appello anche alla parte destra, quella che associa, disegna, sogna.
Nella nuova era, la conceptual age, Pink individua sei nuovi sensi: design, narrazione, sinfonia, empatia, gioco, significato. Una formula efficace, anche dal punto di vista della comunicazione, ispirata di certo al nostro Italo Calvino.
Al primo dei sei sensi, il design, è dedicato il primo capitolo, senz’altro il migliore. Forse perché nel design, inteso come progetto, davvero si fondono in parti uguali ragione ed emozione.
E il design ha anche dominato questo mio anno che tra poco si chiude.
Di design ho scritto, il design ha guidato molte mie letture e ricerche e mai come negli ultimi mesi ho considerato la scrittura anche come forme, colori, spazi. Forse perché mi sembra che in quella che pomposamente chiamiamo la “società dell’immagine” stiamo vivendo una vera dealfabetizzazione visiva.
Non molto tempo fa ho corretto in pochi giorni molte tesine di un master di comunicazione. Un master post-specialistica, quindi non studentelli alle prime prove. Beh, praticamente a tutti ho dovuto correggere e raccomandare cose che davo per scontate: introduci un indice, metti i numeri di pagina, spezza il testo in capoversi, cura titoli e sottotitoli, le immagini devono avere la didascalia. Insomma prima ancora che fatti di stile, fatti organizzativi, di progettazione, di design.
Come nume tutelare mi sono presa Bruno Munari, anche sull’onda dell’emozione della mostra milanese. Ora quella mostra è a Roma, anche se in edizione un po’ ridotta, ed è una mostra che vi invito caldamente a vedere, perché il design di Munari ispira tutti, qualsiasi professione si faccia, ci fa vedere la realtà quotidiana da altri punti di vista, proprio come è nello spirito del libro di Pink. Un valore, un senso-guida adatto ai tempi che viviamo.
Niente male, il nume tutelare che ti sei scelto!
Ho visto la mostra su Munari, un genio che ho sempre ammirato. La cosa sorprendente di Munari è la sua capacità di indicare per ogni cosa un lato “nuovo e allegro” e dirti che anche tu puoi trovarne uno.
Per quanto riguarda la scrittura e il suo design, sto leggendo Elementi di stile nella scrittura, non ha prezzo il suo valore, ed ho letto presentationzen, in fodno i due libri hanno molto in comune.
Come sempre grazie a Luisa Carrada che li ha suggeriti.
Monica